lunedì 5 luglio 2010

Ecco come le donne riescono a non essere solidali

Da: VITA DA SEGRETARIA

Eccomi qua, sono stata invitata come relatrice al Congresso delle Assistenti di Direzione, organizzato da Secretary.it in collaborazione con il Sole 24 Ore. Sono gasatissima e anche un po’ intimorita… farò una figuraccia, comincerò a balbettare dicendo cazzate? E come mi giudicheranno le colleghe? …
Evvai! Il mio intervento è andato discretamente, non ho balbettato e neanche detto scemenze, mi sembra…, ma come al solito, la mia vena anarchica mi ha spinto a lanciare un paio di provocazioni: «qualcuna di noi ha scelto di sua volontà questa professione?» domando.
Ovviamente il silenzio è stata la risposta.
Non è il sogno di nessuna donna fare la segretaria, ne sono certa! quando siamo piccole sogniamo di fare le ballerine, le attrici, magari le scrittrici (!?!), oggi penso che le ragazzine sognino di diventare veline, ma segretarie, suvvia, che professione è mai questa? Ci si finisce per caso, quando non si ha una specifica preparazione o esperienza e poi si resta incastrate nello stesso ruolo, perché se non sei in gamba, non fai carriera e se sei un’ottima assistente il capo non ti farà mai fare qualcosa di diverso perché ti perderebbe e poi dove la trova un’altra???
Magari ti gratifica con benefit ed aumenti di stipendio, se è furbo, ma farti crescere professionalmente per poi vederti volare via in un’altra società alla ricerca di migliori soddisfazioni professionali e compiti di maggiore responsabilità??? NON SUCCEDE MAI!
La mia seconda proposta/provocazione consiste nella richiesta di costituire un albo nazionale delle Assistenti di Direzione che dimostri-no di avere determinate qualifiche e/o esperienze.
Da quest’ultima idea nasce lo scambio di e-mail che ho nei giorni successivi con una delle relatrici che ha fatto il suo intervento dopo la mia intervista.
La signora, infatti, mi ha entusiasmato talmente tanto con il suo discorso, da farmi intervenire dicendole che le avrei dato un bacio in fronte, ma rimandandomi, subito dopo, nell’angolino buio da dove ero saltata fuori, cazziandomi e dandomi della mancata Giovanna d’Arco. Di seguito, appunto lo scambio:

Da: Annalisa
A: Trombelli
Oggetto: un ultimo commento
Gentile Professoressa Trombelli,
ho veramente molto apprezzato il Suo intervento al Congresso An-nuale Assistenti di Direzione.
L’ho talmente apprezzato che Le ho detto che Le avrei dato un bacio in fronte per aver reso chiare e comprensibile intuizioni, idee e a volte semplici sensazioni che accompagnano ogni giorno la vita di ogni donna che fa la mia professione.
Specialmente il fatto che Lei abbia compreso e sottolineato quante di noi si sentono insicure in un mondo del lavoro prettamente maschile, dove spesso cerchiamo di adeguarci come camaleonti a situazioni che snaturano totalmente la nostra femminilità e spesso offendono la nostra dignità, mi ha, al momento, ridato la speranza per una evolu-zione della nostra professione verso qualcosa di più considerato e apprezzato.
Ma devo dire che il commento che Lei ha fatto al mio intervento, che veniva dal cuore e dall’esperienza e non da una serie di dati e intervi-ste, mi ha profondamente deluso.
Io non voglio fare l’eroina, lungi da me qualsiasi intenzione di fare la Giovanna d’Arco della situazione, ma Le vorrei fare una semplice domanda: Lei ha mai provato, dico solamente provato, anche solo per qualche giorno a fare il mio lavoro? Si è mai trovata ad essere mal-trattata e anche insultata senza nessun apparente e ragionevole motivo, umiliata di fronte anche ad altri solo per un semplice esercizio di potere? Senza contare eventuali profferte di carattere sessuale, di cui nessuno ha parlato, ma che sono molto più frequenti di quanto Lei possa immaginare.
Mi scusi, ma mi sono sentita offesa dalla risposta che Lei mi ha dato, in modo particolare perché anche Lei è una donna.
Sarei riuscita a capire se fosse stato un uomo a rispondermi così, ma da una donna mi dispiace moltissimo, perché significa che siamo ancora molto lontane da quel traguardo che sogniamo tutte: rispetto, dignità e fiducia.
Cordiali saluti.
Annalisa

Da: Trombelli
A: Annalisa
Oggetto: pensiamoci
Buongiorno Annalisa,
lungi da me voler difendere le mie posizioni.
Ho adottato un’impostazione, come lei ha sottolineato, legata all'espe-rienza e indubbiamente un po' opportunista.
Ma quello che volevo dire è che si ottiene di più comprendendo bene il contesto in cui si opera, e poi cercando di partire da lì per il cam-biamento.
Quando invece si spara troppo alto si rischiano delusioni e rigetti.
Mi spiace sopratutto che invece di trovare questo come un argomento di discussione lei abbia concluso che, posizioni come queste, fanno "il male" di noi donne.
Cordialmente

Da: Annalisa
A: Trombelli
Oggetto: R: pensiamoci
Gentile Professoressa,
grazie per la cortese risposta.
Sono certa che gli approcci morbidi sono i migliori in ogni situazione.
Sicuramente io sono esacerbata e frustrata da anni di lavoro in ambienti dove l'essere donna e per mia sfortuna o fortuna, dipende dai punti vista, non racchia, mi ha portato a pensare che o si rompo-no, per così dire, gli equilibri o si continua a subire. E' evidente che l'azione di un'unica persona all'interno di una sola azienda non ha senso.
Per questo motivo ho suggerito, durante il mio intervento al congres-so, di costituire un albo delle assistenti che le riunisca e specialmente le qualifichi come professioniste nel loro campo.
Il massimo sarebbe che una prestigiosa università attivasse un corso di post-laurea ad hoc per questa professione.
Da questo anno sono iscritta per una seconda laurea in Scienze della Comunicazione, corso di laurea triennale che dovrebbe formare persone che andranno a lavorare nell'ambito del marketing e della comunicazione.
Ovviamente i futuri laureati non diventeranno tutti e subito, direttore marketing di grosse aziende, ma magari alcune di queste persone cominceranno facendo le assistenti al direttore marketing, quindi perché non creare un campo di studi che specializzi chi vuole intra-prendere la professione di assistente?
Come è risultato chiaro da una domanda provocatoria che ho fatto alle mie colleghe, nessuna di loro ha scelto di fare l'assistente, ma si è "trovata a farla" probabilmente perché da qualche parte si deve pur cominciare e il modo più semplice, per una donna, di entrare nel mondo del lavoro, se ha una preparazione non specialistica/tecnica, ma umanistica e quello di fare il percorso: centralinista, segretaria, assistente e via così.
Grazie ancora per l'attenzione e cordiali saluti.
Annalisa

Da: Trombelli
A: Annalisa
Cara Annalisa,
È interessante quello che lei afferma: nessuna lo ha scelto.
Sa che è la stessa risposta che mi danno le donne al vertice?
C'è una A.D. di una grande società di comunicazione internazionale che mi diceva: io non lo desideravo, ma me l'hanno chiesto! E' quella che io chiamo la carriera per caso.
Non trova strano che le donne non scelgano mai? Che non progettino i loro percorsi, che non dichiarano le proprie ambizioni?
Nonostante la mia "sgridata" amo molto le donne come lei, che cercano di migliorare, di cambiare qualcosa, di lottare.
Non ci rimetta troppo, però, la vita è una sola e dobbiamo viverla bene, con serenità e senza rinunciare ai nostri valori.
Mi lascia po' perplessa l'idea di una facoltà per la vostra professione. Ho paura che ingessi i percorsi possibili, che chiuda tragitti e scambi, che invece sono fondamentali nella nostra epoca.
Spero che l'ambiente dove lavora migliori, se no ne cerchi uno più amico delle donne.
Le assicuro che ci sono.
Cordialmente

Da: Annalisa
A: Trombelli
Oggetto: R:
Gentile Professoressa,
È vero che le donne non scelgono mai e che molte volte si trovano a fare cose che magari non volevano fare.
Ma non è il mio caso, io avevo scelto, ma una serie di fatti tra cui un voto di laurea non particolarmente brillate - colpa mia, dato che non sono una gran studiosa - e problemi di carattere economico mi hanno impedito di approfondire gli studi in un campo che prevedeva almeno altri due anni senza stipendio, così ho ripiegato
su lavori saltuari (non esistevano ancora le società di lavoro interinale negli anni ‘90) che mi hanno obbligatoriamente portato alla mia attuale professione, dato che con una laurea in materie umanistiche e nessuna altra specializzazione o insegni o fai la segretaria/assistente.
Per quanto riguarda il rimetterci, mi creda ho già dato... Ho lottato, mi sono impegnata a studiare, pagandomi corsi e anche un master, ma la mia situazione lavorativa non è cambiata.
Ho provato a fare il salto di qualità, nel mio curriculum ci sono due esperienze come office manager, professione con maggiori respon-sabilità e indipendenza di una assistente, ma finite quelle, per ragioni che andrebbero approfondite, ma che sono troppo complicate da chiarire in questo contesto, non sono più riuscita a trovare niente di simile e di altrettanto stimolante e così eccomi qua a fare l'assistente.
Non sto dicendo che il mio lavoro non mi piace, anzi, fatto in un certo modo, con interlocutori di un certo tipo è un lavoro molto interessante, stimolante e anche di potere se vogliamo, in fondo una brava assi-stente sa e conosce, della società dove lavora quanto il capo o poco di meno.
Ultimamente però non mi sono capitate occasioni interessanti, così negli ultimi due anni ho lavorato e tuttora lavoro in una società in cui "l'amicizia per le donne", come dice Lei, è assolutamente inconcepibi-le!
Per quanto riguarda le Sue perplessità circa l'attivazione di un corso post-laurea per assistenti, ribadisco il concetto che la mobilità all'in-terno della mia professione non esiste o comunque è bassissima.
Le opportunità esistono principalmente nel marketing, nell'ambito degli acquisti e qualche volta nelle risorse umane, dove un’assistente può fare un minimo di carriera e diventare responsabile delle relazioni pubbliche o della comunicazione, responsabile degli acquisti o della formazione se è in gamba e sa farsi valere e specialmente se trova il capo giusto, ma un’assistente alla direzione amministrazione e finan-za, alla direzione commerciale, alla logistica cosa potrebbe diventare?
E meglio ancora una personal assistant di presidente o amministrato-re delegato cosa potrebbe andare a fare? Spesso è semplicemente un benefit da mostrare, da qui vengono i pool segretariali, più ne hai, più sei potente e meno qualificata e più “personale” diventa l’assistenza.
Quindi, prima di sognare di diventare qualcosa che al momento non è alla nostra portata, perché non cerchiamo di dare dei contenuti più validi alla nostra attuale professione? Magari in questo modo qualcu-na di noi sceglierebbe di fare l'assistente, gli stipendi sarebbero più interessanti e ci sarebbero meno disparità anche a livello contrattuale.
L'unica cosa che mi permetterei di suggerire è che in caso di attiva-zione di un corso post-laurea, le vostre consulenti siano le assistenti che lavorano sul campo e non persone che non hanno mai fatto questa attività.
Annalisa

A questo punto la comunicazione si è interrotta, probabilmente per noia o forse perché lei non sapeva più cosa obiettare o semplicemen-te non aveva più tempo da dedicarmi, mentre io di cose da aggiunge-re ne ho veramente tante e voglio condividerle tutte con voi.
Non volendo annoiarvi più del dovuto, tenterò di intrattenervi ironiz-zando e cercando di farvi sorridere, ma vi assicuro che tutto quello che leggerete, se avete ancora voglia di andare avanti, è assoluta-mente vero e fedelmente riportato per come è successo.

1 commento:

  1. Come avete potuto leggere, la professoressa della Bocconi (perchè lavora in Bocconi!) ci consiglia un approccio morbido.
    Io non concordo, a furia di essere morbide, siamo diventate molli, così molli che non abbiamo più neanche una coscienza femminile... siamo omologate e succubi di un modo declinato al maschile.

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