mercoledì 19 dicembre 2012

Downton Abbey, la servitù e le donne

Ecco, finalmente ho trovato la giusta analogia!

Mi spiego, sono diventata un’appassionata di Downton Abbey, adoro quel polpettone storico e adoro in modo particolare i rapporti in atto tra classe nobile e servitù.

Mi ha colpito moltissimo un concetto espresso da una delle protagoniste: “a volte la servitù è più conservatrice dei padroni”.

E’ quello che vedo succedere negli uffici e in famiglia dove le donne continuano a subire certi atteggiamenti e comportamenti senza ribellarsi, anzi li accettano e pensano che sia normale.

La servitù come le donne sono state addestrate per secoli all’obbedienza, all’umiltà, alla sottomissione.

La servitù però si è ribellata, le donne no.

Nel corso della storia tutte le categorie vessate e maltrattate hanno trovato il modo di ribellarsi, tranne le donne che continuano a subire, continuando a credere di essere inferiori agli uomini.

Il diritto di voto alle donne fu introdotto nella legislazione internazionale nel 1948 quando le Nazioni Unite adottarono la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. come stabilito dall'articolo 21 “(1)Chiunque ha il diritto di prendere parte al governo del proprio paese, direttamente o attraverso rappresentanti liberamente scelti. (3) La volontà del popolo dovrà costituire la base dell'autorità di governo; questa sarà espressa mediante elezioni periodiche e genuine che si svolgeranno a suffragio universale e paritario e che saranno tenute mediante voto segreto o mediante procedure libere di voto equivalenti.

Negli Stati Uniti la corsa alla Casa Bianca ha visto un nero, Obama e una donna, la Clinton, ma ero certa che che avrebbe vinto Obama, perché è comunque più accettabile, per gli uomini che detengono il potere, avere un capo uomo, anche se nero, piuttosto che un capo donna, anche se bianca.

In sintesi le donne sono le creature maggiormente discriminate nella società cosiddetta “civile”.

Nonostante tuto sembra che le donne non siano capaci di farsi valere e che la voglia di lottare si disperda in innumerevoli iniziative che non si concretizzano in nulla di pratico.

Situazione veramente penosa.

venerdì 14 dicembre 2012

E siamo di nuovo a Natale, ma in realtà a nessuno importa

Eccoci di nuovo a Natale e dovremmo essere tutti più buoni, ma poi non succede mai.
Perchè nessuno, in realtà è veramente buono, pensiamo tutti ai cavoli nostri.
La settimana scorsa ho sentito dei rumori dal piano di sotto, sono uscita sul pianerottolo e ho visto una scena terribile.
Il fidanzato della mia vicina di casa, una ragazza di circa venti anni, la stava picchiando sulla soglia della porta.
L'ha riempita di calci e pugni e poi quando ha finito, spero anche per il fatto che mi ero affacciata a vedere, se ne è andato.
Sono uscita solamente io a vedere cosa stava succedendo ed erano le 8.30 di sera.
Poi ci domandiamo perchè siamo a fine anno e più di 100 donne sono state uccise da mariti, fidanzati, compagni attuali o precedenti.
Succede perchè a nessuno importa veramente.
Sono "cose private" che secondo il pensiero comune, bigotto e pseudocattolico, vanno risolte nel privato della propria casa o meglio ancora della camera da letto, così neanche i figli possono sentire.
Ma i figli sentono comunque.
E le femmine crescono con l'idea che la sottomissione e subire sia la cosa giusta da fare, mentre i maschi si sentono autorizzati a continuare a fare quello che fa il padre.

Il modello viene poi applicato anche nel mondo esterno, a scuola, nel mondo del lavoro e le donne anche lì si adattano.

Stavo seguendo una selezione per una assistente junior e quando la candidata è stata individuata, la responsabile del personale, una donna, mi ha detto che era entusiasta di lei perchè era "una bella figa" e avrebbe fatto una bella figura con l'imprenditore.

Volevo tirarle un centro in mezzo alla faccia, ma mi sono trattenuta per evitare una denuncia per lesioni personali.

Alla fine la responsabilità è anche nostra se continuiamo ad accettare certe logice e comportamenti maschili.

venerdì 2 novembre 2012

Chi pensa di essere un’assistente di direzione, nella maggior parte dei casi, è semplicemente una segretaria o ancora meno, un’impiegata.

Purtroppo...

E sì, purtroppo i miei sospetti si stanno avverando.

Chi pensa di essere un’assistente di direzione, nella maggior parte dei casi, è semplicemente una segretaria o ancora meno, un’impiegata.

Siamo come al solito una popolazione di farlocchi, di “lei non sa chi sono io”, di millantatori.

E a quanto pare le donne non sono da meno.

Come è possibile ricevere dei cv assolutamente fuori target rispetto all’annuncio pubblicato?

Se sono richieste specifiche competenze, chi è quella cretina che risponde pur non avendone neanche una?

Purtroppo sono tante.

Se si chiede esperienza come assistente di direzione e si ricevono cv di impiegatucce, cosa significa?

Facendo un esame estremamente rigoroso, mi viene da pensare che nell’accezione comune, l’assistente di direzione non è altro che un’impiegatuccia che si dà un tono con un titolo ridondante.

Nella mia accezione è tutt’altro.

Ma come fare a far cambiare il comune pensiero?

Gli stessi datori di lavoro non sanno cosa vogliono e se prima si accontentavano della ragioniera che gli faceva anche le commissioni in banca e in posta, ora sono diventati arditi e voglio che la loro assistente sia “skillata” – e qui apro una parentesi per chiarire che forse entrambe le categorie, impiegate e datori di lavoro, dovrebbero seguire un corso di inglese!!!!

Poi non importa se le skill richieste non verranno mai usate, sono una discriminante che riduce di molto le possibilità alle impiegatucce di cambiare lavoro e che umilia e rende infelice chi, invece, le skill richieste le ha e si trova a lavorare nel solito ambiente padronale, ignorante e meschino che è tipico della realtà italiana.

Per fortuna non può durare in eterno.

Certamente io sarò belle che morta quando il cambiamento sarà compiuto, ma di certo mi sto cominciando a godere il bagno di sangue.

Abbiamo tanto osannato la globalizzazione? certo, ma senza neanche sapere che avrebbe avuto conseguenze drammatiche sul nostro giurassico sistema-paese.

Il resto del mondo è avanti anni luce e noi, nonostante abbiamo sotto gli occhi il mondo reale, perché l’accesso a Internet, vivaddio, almeno quello lo abbiamo, facciamo finta di niente e continuiamo imperterriti sulla strada dell’autodistruzione.

Ho fatto colloqui con assistenti di direzione che dopo 10/15 anni nella stessa azienda sono state licenziate, causa crisi.

Una crisi spesso reale, ma spesso usata come scusa anche da chi non ha problemi veri, per licenziare i rami secchi.

Le assistenti/segretarie italiane sono rami secchi, perché se va bene, sono laureate, sennò diplomate, ma la cosa agghiacciante è che dall’ultimo titolo di studio di 15/20 anni fa ad oggi non si sono mai più preoccupate di aggiornarsi, di imparare qualcosa di nuovo, di tenere accesso il cervello.

Sono morte in piedi e non lo sanno.

E quindi le aziende se ne liberano appena possono.

E quindi le vedi arrivare al colloquio, alcune depresse e infinitamente tristi, sembrano portare sulle spalle tutte le disgrazie del mondo, altre isteriche e stressatissime, aggressive e piene di desiderio di rivalsa per il trattamento subito.

Impossibili da reinserire in qualsiasi realtà aziendale.

Allora vi domando: è stato bello stare sedute sulle vostre chiappe per 15/20 anni, facendo il minimo sindacale, spacciandovi per assistenti quando non lo siete neanche lontanamente, senza preoccuparvi del futuro, certe che lo stato avrebbe pensato a darvi una serena vecchiaia e una bella immeritata pensione???

Siete soddisfatte di voi e dei risultati che avete conseguito?

Probabilmente non siete state neanche delle buone madri, perché avete passato ore e ore in ufficio a fare le portinaie di lusso, facendo finta di essere indispensabili, senza mai ammettere che siete un vero fallimento professionale e i vostri figli erano a casa in attesa di una madre che si sentiva obbligata a fare ore di straordinario per dimostrare la sua utilità in azienda.

Con questo comportamento idiota e irresponsabile avete rovinato l’immagine della categoria.

Avete impedito a chi lo voleva, perché in grado di fare bene il suo lavoro in otto ore, di andarsene a casa a un’ora decente, pena la marchiatura a fuoco come fancazzista.

Ora ne pagate lo scotto e vi sta bene.

Siete inutili, obsolete e ignoranti.


Come tuto il resto del paese.

lunedì 10 settembre 2012

Devastanti momenti di ozio forzato


Senza volermi abbattere, perchè so che c’è chi sta peggio di me, credo che mi si prospettino lunghi pomeriggi di ozio.

Perchè lamentarsi?

E’ vero, non dovrei, perchè, a parte un lavoro, non mi manca nulla, ma l’abbrutimento del non far niente mi ha sempre terrorizzato.

Quando ero più giovane, l’inattività mi faceva paura, perchè signifcava fermarsi a pensare e la maggior parte delle volte non mi piaceva quello che vedevo, fermandomi a guardarmi.

Ora è diverso, mi guardo e mi piace quello che vedo, mi piace la persona che sono diventata, anche se so che tante caratteristiche che mi contraddistinguono mi hanno impedito di fare determinate scelte e ottenere cose.

Ma lo so, e sono scesa a patti con il fatto che queste mie caratteristiche sono un po’ ingombranti.

Di contro credo di avere qualità che poche altre persone hanno, solo che sembra che non interessino a nessuno, o meglio, magari qualcuno interessato c’è, ma poi quando si arriva al dunque, ti tratta in un modo che dire “insultante” è poco.

La professionalità va pagata e se uno non è disposto a farlo, non chieda a me di fare un lavoro.

Anche se c’è crisi, non vuol dire che si possano strangolare le persone.

Se mi viene chiesto un preventivo per fare un certo tipo di lavoro, sono disposta a mediare e ad andare incontro alle esigenze del cliente, ma se il cliente mi offre un decimo di quello che ho chiesto, mi viene solo da ridere.

Così rido e medito sul fatto che per qualche strana ragione, qualunque tipo di attività mi metta a fare, i clienti cercano sempre di fregarmi, obbligandomi così a giocare d’anticipo e a cercare di fregarli io per prima.

E’ come quando lavori come dipendente e ti dai da fare anche di più di quello che dovresti e non ti viene riconosciuto, mai, neanche con un grazie.

Dopo un po’, come ha sottolineato un’amica, piano, piano, ti tiri indietro e fai solo quello che io chiamo “il minimo sindacale” che non dà soddisfazione nè a te e tantomeno al datore di lavoro che ti considera un dipendente di scarso valore.

Evidentemente c’è qualcosa che non va nel sistema.

Credo si tratti del fatto che “meritocrazia” in Italia è una parolaccia impronunciabile.

Il mito del “posto fisso” ha creato generazioni di lavoratori che sono assolutamente incapaci in alcuni casi o, in altri non sono minimamente interessati a migliorare le loro performances.

Così si fa carriera in modi a dir poco alternativi.

lunedì 16 luglio 2012

Non sono l'unica

Ho conosciuto una nuova amica che ha il mio stesso senso dell'umorismo e che ama scrivere.

Ho pensato che sarebbe stato divertente sentire un'altra voce:


PROLOGO

Già durante il periodo di preavviso, un vago sentore di anomalia.. Un paio di mail alla Sorella (HR & Legal Department) per confermarle la data d’ingresso, la spedizione dei documenti richiesti per l’assunzione, la richiesta di conferma di aver facoltà di posticipare la scelta di destinazione del TRF vengono lette, ma non  generano neanche due righe di risposta.

PARODO

Primo giorno di scuola. La Sorella, stupendosi che alle 9h30 io sia ancora in reception come una cretina, mi accompagna dal CEO Fratello e lì m’abbandona.

Introduction, presentazioni, due parole su usi & costumi dell’ecosistema.. what’s that?

Segue un’ora di lecture disorganica e frenetica  “su chi siamo e dove stiamo andando” poi sono congedata con il compito d’incontrare n entità aziendali che m’illumineranno sulle rispettive aree di competenza. A onor del vero fa anche qualche telefonata d’introduction per presentarmi.

Eseguirò dutifully, con risultati alterni, per le due settimane successive. Ci saranno rari interludi con lui. Nella mia testolina sarebbero dovuti essere di recap/verifica, in realtà: “Allora, cosa ha visto, cosa ha visto, con chi ha parlato, con chi ha parlato? Deve incontrare anche tizio, anche tizio, perché adesso le spiego tutto io, il new plant in ….”.

Ripete sempre tutto due o tre volte, in modalità ossessiva-compulsiva.

Prendo possesso del mio loculo – un vero lusso in quanto singolo - ma senza finestre e senza conditioning - ottimamente attrezzato con un tower della Compaq di dieci anni fa e un bell’Office 2000 con SOLO Word ed Excel.. ogni altra funzionalità inibita.

Approccio l’IT Manager che mi illustra la filosofia della casa: “Gli utenti sono tutti uguali e tutti incapaci noi abbiamo tanto da fare, non siamo mica qui a vostra disposizione”. In fondo, che cosa voglio? A lui non è stato detto di preparare nulla di specifico per me, a cosa mi serve un PC o portatile degno di questo nome, a cosa mi servono gli strani software di cui parlo (Access, Project, la suite di Visio), una stampante dedicata? Ma che cosa penso di fare? Lui è lì da sette anni e sa di cosa parla…

La maggior parte degli organismi che popolano l’ecosistema mi guarda con sospetto, alcuni con palese pena, il che è ancora più preoccupante!

EPISODIO

Incontro con una figura chiave aziendale. Un folle paranoico, ed anche, soprattutto, un parente stretto (la percentuale di parenti & indotto è di circa il 90% ). Nessun ruolo ufficiale, ma spazia dalla logistica ai costi industriali, dai feasibility study and/or business plan (che qui non sono proprio ciò che s’intende nel mondo reale) all’IT, al sovraintendere al carico dei camion. Comunque, controlla quasi tutto il flusso dell’informazione aziendale, che ha strutturato/manipolato in modo da rendersi indispensabile.  Scavalca con estrema disinvoltura tutti i responsabili di funzione. The CEO vorrebbe che contribuisse pesantemente al mio percorso formativo..

STASIMO

Risatona isterica.

EPISODIO

Padre pensiero. Il Presidente. Primo incontro.

“El me fieu el me fieu l’è brav l’è brav, ma porca merda ha tanto da fare, adesso lei, Signoriiina, ma come la devo chiamare? Lei vede tutto sa tutto e poi lo aiuta perché el me fieu l’è propri brav e el lavura tant. E lei è vero che fa in fretta, vero? Che impara in fretta vero, vero ???”

L’intercalare “porca merda” è un leitmotiv dei vertici aziendali.

STASIMO

Non ci posso credere!

EPISODIO

Mi si chiede di seguire qualche “faccenduola di taglio legale” e io, scema,  abituata a essere “legally compliant”  ho un assaggio significativo del CEO pensiero.

Figlio pensiero.

“I contratti sono fatti per essere stracciati, noi firmiamo sì, ma col cazzo che…”

“Il notaio dice così, ma è un pirla, io l’ho già fatto, lo so io come si fa, facciamo come dico io.”

“Ma no, qui può firmare anche lei, tanto chi controlla e poi anche se non dovessi tener fede (alle obbligazioni contrattuali sottoscritte) non penserà mica che vengano in Italia a chiederci..”

E molto, purtroppo MOOOLTO, di più. SIGH!

STASIMO

Sto sognando, adesso mi sveglio.

EPISODIO

CEO pensiero.

“Allora ci vediamo, ci vediamo, così parliamo di quella roba là, sì, sì, di quello che voleva farmi vedere” (project management template, proposte molto, molto semplificate per organizzare il flusso dell’informazione - una volta reperita - insomma “quella roba lì”).

Mi affanno a spiegare, con parole semplici,  ed ottengo qualche grugnito a commento.

“L’informazione, c’è, c’è, magari non gliela vogliono dare (?!?), ma io ho tutto in testa, però, però, anch’io devo avere le idee chiare su cosa voglio e come lo voglio se no non ci prendono sul serio..?!?

Comunque lei per lavorare con me e farlo a lungo deve:

a)   Essere discreta. Ho aspettato di arrivare a quarantadue anni per farmelo spiegare da te.

b)   Non parlare con lo Staff (?!?) parlare ancora meno con i Partner (?!?). Ma non era un ruolo di coordinamento?!?

c)    Beh, insomma, lei per i prossimi sei mesi non deve dire proprio niente, poi, se avrà qualcosa da dire, lo valuterò. GRAZIE! Com’è buono LEI.

d)   Io ho sempre ragione, vedrà, io ho sempre ragione. I AM NOT JOKING!!!

STASIMO

Aiuto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

ESODO

Deus ex machina, dove sei?

sabato 14 luglio 2012

La storia di CMC

La prima volta che l’ho incontrato a uno degli infiniti ed estenuanti colloqui durante i quali mi mancava di illustrare le mie capacità professionali solo alla signora delle pulizie, ma non ho mai avuto modo di conoscere il mitico amministratore delegato, la prima volta, quindi, mi è sembrato un uomo piacevole, forse un po’ troppo sicuro di essere bello e simpatico – la bravura non è emersa né allora, né mai.
In una occasione si era addirittura alzato per prendere il vassoio del caffè dalle mani di una curiosissima segretaria che allungava il collo per vedere chi ero.

Ho capito dopo che era tutta una recita e che il pantalone alla caviglia, nuda, con piede infilato in mocassino di morbido camoscio, su cui mi era caduto sbadatamente l’occhio, erano segnali importanti da non sottovalutare.


Solo dopo la fine del tour de force di ben 8 colloqui, e in virtù del fatto che io ero stufa e gli avevo dato un ultimatum, ricevo il contratto di assunzione e comincio a lavorare.


Ed è stato allora che ho scoperto da pettegolezzi interni, che il job posting interno, durato mesi, non aveva dato frutti e, nonostante inquadramento e stipendio proposti fossero davvero considerevoli, nessuna aveva voluto accettare il ruolo, e che quando ero stata contattata la prima volta, erano già 6 mesi che cercavano anche fuori – con metodi piuttosto artigianali, come molte altre cose fatte lì dentro da persone che sono dei totali incompetenti – e nessuna era stata considerata adatta.


E’ stato allora che la mia curiosità si è risvegliata, perché nessuno vuole venire a lavorare qui?

Risposta: perché i gay sono i migliori amici delle donne, ma è meglio non lavorarci insieme.

Una cara amica mi ha detto che sono dei veri bastardi perché vedono le donne intorno a loro e vedono quello che non potranno mai essere.

Teoria che è condivisibile.

 
CMC è peggio di un gay, è bisex, praticamente un voltagabbana che fino a pochi anni prima era fidanzato con una gran bella donna, è sicuramente un esteta, e poi, come si suol dire, ha colto un’occasione, e si è piegato a 90 gradi, con alterne incursioni nell’antico territorio di caccia, perché il lupo perde il pelo ma non il vizio.

 
Non sono una bigotta né omofoba, ma scoprire, durante simpatiche chiacchierate con le colleghe, che CMC è arrivato in quel ruolo di rilievo in quel modo, mi ha fatto incazzare.


Si dice che le donne devono fare il doppio della fatica per arrivare a ruoli manageriali, studiano di più, si impegnano di più e fanno molti più sacrifici, molte, arrivate a i vertici, vengono insultate e accusate di lavoretti sotto la scrivania del capo per ottenere corsie preferenziali e adesso ci troviamo anche a dover concorrere sullo stesso territorio con i gay???


Almeno prima la troiaggine era tutta nostra, adesso abbiamo anche la concorrenza!

sabato 30 giugno 2012

Tutti mi dicono che sono troppo incazzata

Ultimamente tutte le persone con cui parlo mi dicono che sono troppo incazzata.
In realtà sono più gentili e cautamente mi fanno notare che tutta questa rabbia prima o poi mi farà scoppiare.
Può darsi, o forse no.
Io sono incazzata da tutta la vita.
Mi incazzo per ogni ingiustizia, sia che colpisca me, sia che colpisca altri.
Mi hanno suggerito di non fare la Giovanna d’Arco, ma evidentemente neanche l’idea di finire sul rogo mi blocca.
Comunque negli ultimi tempi non sono solo incazzata, sono furibonda, perché il mio castello è crollato e perché mi trovo di nuovo a dover ricominciare tutto.
Non che mi manchino entusiasmo ed energie, ma sinceramente pensavo di avere diritto anche io di rilassarmi un attimo e dedicarmi con serenità alle cose che mi piacciono.
Purtroppo sono incappata in un’azienda di pazzi con un capo incompetente, ignorante, egomaniaco.
La normalità direte voi.
Certamente dico io, mica è il primo.
Solo che sono io che non ho più pazienza e neanche voglia di star dietro a un coglione.
Se il citato coglione mi avesse fatto trottare per portare a termine compiti intelligenti, progetti importanti e avessi fallito, sarei d’accordo con lui, ma i problemi che sono sorti, secondo lui sono stati la mia incapacità di farmi rispettare e la mancanza di organizzazione.
Io, incapace e disorganizzata?
No, non credo proprio e adesso vi spiego gli antefatti.
INCAPACE
Secondo il coglione, monopalla, criptocommunicator, io non so farmi rispettare perché le sue galline non hanno rispettato le nuove direttive aziendali.
Le citate galline si sono fatte un baffo di un’informativa mandata a nome suo e a nome dell’Amministratore Delegato che vietava loro di fare una certa cosa.
Le galline l’hanno fatta ugualmente, nonostante le indicazioni, fottendosene di quello che stava scritto sulla mail.
Il coglione mi ha scritto, dall’altra parte del mondo, dove stava, che io avrei dovuto impormi.
Gli ho gentilmente fatto notare che se né l’autorità dell’AD né la sua avevano appeal, la mia di sicuro contava anche meno.
Mi ha scritto dal Far East “argomento chiuso”.
Io al di qua dell’oceano che c’è in mezzo, lo sentivo scivolare sui vetri.
DISORGANIZZATA
Questa volta partiamo subito male.
Il coglione, monopalla, criptocommunicator, ha già sclerato con l’agenzia viaggi perché voleva a tutti i costi un biglietto elettronico da loro, quando ne era già in possesso.
Questo perché tutte le MA sanno, come lo sa anche lui, che l’American Express manda i biglietti, acquistati tramite loro direttamente al cliente anche se la procedura di acquisto è stata portata avanti da altri. E non trattano, non comunicano e non interagiscono con nessun altro che non sia il titolare della carta.
Alla mia domanda, un po’ stronza e di sicuro retorica, ma il biglietto tu ce l’hai? il CMC, ridacchiando isterico, ammette di si, ma insiste nel volerlo ricevere dall’agenzia.
Sono basita.
Dalla cattiveria, stronzaggine e bastardaggine.
Comunque, io gli preparo tutto, gli mando tutto via mail, glielo stampo, gli faccio il riassunto di quello che deve fare su un unico foglio.
Mi presento al suo cospetto e gli mostro la documentazione, foglio per foglio, prenotazione per prenotazione.
Lui annuisce.
Io domando se ha tutto quello che gli serve, se manca qualcosa, se posso fare altro per renderlo felice.
Risponde che è tutto a posto.
Sempre quando è dall’altra parte dell’oceano, perché il contradditorio frontale non lo reggerebbe, comincia ad inondarmi di e-mail chiedendomi perché non gli ho organizzato il transfer dall’albergo all’aeroporto.
Distacco zen.
Respiro profondo, provo a chiamarlo, ma CMC non risponde, paura di non reggere il confronto dialettico neanche per telefono?
Non gli scrivo, aspetto.
Insiste via mail.
Finalmente gli scrivo educatamente che nei 6 mesi precedenti, tanto è durata la nostra collaborazione, mai mi ha chiesto i transfer, dicendo che la sua preferenza andava ai taxi, che questa volta all’arrivo alle 4.50 di notte mi ero premurata di organizzarlo, vista l’ora inconsueta e che durante il briefing prima della partenza il problema del transfer per l'aeroporto non era stato sollevato.
Risponde che non condivide.
Neanche io, se per questo.
Anche perché brutto coglione, monopalla, criptocommunicator, dato che non mi hai volutamente comunicato dove cazzo sei durante il pomeriggio e il check-out degli hotel, in genere, è alle 12.00, come indovino io da dove vuoi il transfer e a che ora?
Il volo è alle 22.30.
Dove vai nel pomeriggio? sulla spiaggia di Copa Cabana?
Dove vuoi cenare? in un ristorante in città oppure mangi un panino in aeroporto?
Quando ci siamo conosciuti mi ha esplicitamente detto che sei uno che si arrangia da solo e che non hai bisogno della badante.
In quel momento ti ho adorato.
Adesso ti odio.

sabato 23 giugno 2012

La foglia è malamente atterrata

Eh sì, purtroppo la scelta di volare via non è stata una brillante idea.
Alla fine non sono marcita, ma sono atterrata malamente, di faccia con un sonoro tonfo.

Non so cosa sia peggio, se rimanere e morire piano piano, oppure spiccare il volo e vedersi le ali tagliate di botto con il conseguente tonfo.

Mi è comunque toccata la seconda opzione e devo dire che, se da una parte sono sollevata, perchè non ne potevo più dall'altra so che sarà molto più difficile delle altre volte trovare un lavoro.

Anche perchè la mia tolleranza alle cazzate ha raggiunto il livello di guardia.

Colloquio per office manager: dopo 4 interviste, la prima con il selezionatore, la seconda con l'attuale office manager, tutto in inglese, perchè la società è straniera, la terza con il ragioniere commercialista esterno, che cura la contabilità, arrivo alla quarta, certa che andrà tutto bene, perchè mi hanno fatto un sacco di complimenti e mi trovo a parlare con un elemento che mi è familiare: la famosa testa di cazzo, ovvero il direttore creativo.

Ho già avuto a che fare con un simile personaggio in passato, sono quelle donne, straniere, senza nessun titolo di studio, nessuna specializazzione, ma tante conoscenze e contatti, fatti non si sa come o forse sì, che gravitano negli ambienti della moda e similari e danno consigli.

Premetto che io sono snob, molto snob.

Non concepisco che nessuna americana o anglosassone, venga a dettare legge sulla moda in Italia.
Mi sono incazzata come una iena con Anna Wintur quando ha ridotto i giorni della settimana della moda, perchè lei non voleva sprecare più di 3/4 giorni a Milano.

E tutti come pecore a dire si.

Mi hanno fatto pena quando, durante l'ultima sfilata erano tutti terrorizzati all'idea di una sua visita in showroom e hanno decretato la zona off-limits a tutti perchè lei veniva in visita alla collezione.

Ma chi è??? probabilmente i suio antenati erano galeotti scesi dalla Mayflower, si galeotti, non padri pellegrini, ma quelli che ladri e puttane, noi in Europa non sapevamo dove mettere e così li mandavamo lontano, lontano, nelle colonie, sperando che crepassero là.

L'erba grama non muore mai, e si è visto che torna.

Tornano da noi dettando legge su cose come la cultura, la moda, l'arte.

Con che diritto? quando la maggior parte degli abitanti del loro paese non sa neanche dov'è l'Europa e i loro soldati vanno in guerra in Iraq pensando, se va bene, che sia da qualche parte al di là dell'oceano (senza individuare neanche quale oceano).

Per inciso, solo il 5% degli americani ha il passaporto.

Comunque tornando alla mia intervista, dopo un'ora di colloquio in inglese, di cui sono molto fiera, salta fuori che lei pensa che il ruolo sia da assegnare a una persona "of figures" ovvero penso io, a un contabile.

Ma poi te la vedi la laureata in economia e commercio che si occupa del lavandino turato o che serve acqua e caffè agli ospiti, te compresa (che non sei un ospite)?

Ma evidentemente il direttore creativo ha il potere di decidere.

Colloquio per Assistente di Alta Direzione: non vedo il selezionatore, che, dice, si fida del parere del suo collega che gli ha parlato molto bene di me.
Mi manda direttamente in azienda e incontro il Direttore del personale, persona squisita.
Gli piace la mia esperienza, gli piace che abbia una preparazione a tutto tondo, insomma sembra che apprezzi tutta la fatica che ho fatto per diventare quello che sono.

Dopo 15 giorni mi fissano l'incontro con lui, il mega padrone.

Sala riunioni modernissima, come il resto degli uffici, tavolone di cristallo e ci schieriamo, io da una parte, loro due dall'altra.

Lui spara per primo, dicendo che abbiamo solo 30 minuti.

Penso che, visto che dovremo lavorare insieme almeno 10 ore al giorno, se il colloquio va a buon fine, sarebbe meglio che mi dedicasse più di mezz'ora, ma non dico nulla.

Lui procede, parlando dell'azienda, cose già dette dal Direttore del personale, ma dato che l'ha fatta lui, lasciamogli il piacere di fare una bella ruota da pavone.

Io preferirei che parlassiomo di csa dovrei fare e di come lo dovrei fare.

A un certo punto squilla il suo cellulare.

Opzioni possibili:
1) non rispondere, ma lo ritengo altamente improbabile, avrebbe lasciato il telefono a una delle altre due assistenti
2) rispondere e dire velocemente alla persona che la richiama a breve
3) rispondere e, scusandosi, andare fuori a parlare

L'opzione 4, scelta dal cafone, è rispondere e stare, 7 minuti di orologio, al telefono con il suo architetto discutendo della valorizzazione della via dove abita, qualora lui ristrutturi la facciata di casa sua.

Fisso insistentemente il posacenere di cristallo al centro del tavolo.
Diventa la mia àncora, nella speranza che non mi si legga in faccia il disappunto e che le ultime iniezioni di botox blocchino bene la mia mimica facciale.

Sbircio il Direttore del personale e vedo che fissa la cartelletta nera cha ha appoggiato sul tavolo.

Alla fine della telefonata continuamo, come se niente fosse: un po' riesco a parlare anche io, finch'è se ne esce fuori con la frase: sicuramente lei ha visto l'insegna dei nostri depositi sulla tangenziale?

La mia reazione in quel momento sarebbe di dirgli: scusi, ma secondo lei, io in tangenziale conto i cartelli dei depositi? inoltre se la sua azienda fosse un marchio conosciuto della moda, una multinazionale della belllezza, al limite, una società di selezione, comincerebbe a sembrare una domanda con un minimo di senso, ma la sua azienda fa bulloni e viti!!

Rispondo "mitemente" da brava pecora, che non passo mai da quella tangenziale.

E così si conclude il colloquio.








giovedì 21 giugno 2012

Alla fine sono i manager che non sanno davvero cosa vogliono

Riprendo un post di qualche mese fa per confermare che le aziende e in particolare i manager, non sanno cosa vogliono, o meglio, non ammettono che quello che vogliono è un'assistente succube, supina e sottoposta.

Tu puoi presentarti per quello che sei, dicendo quello che sai fare e anche come lo sai fare, ma loro non ti ascoltano, sono solo ingolositi dal curriculum interessante e dall'idea di avere una persona con molta esperienza e con grandi capacità, salvo poi non usarle e sentirsi complessati nei confronti della "segreataria che ne sa più di loro".

Quando se ne rendono conto, quando capiscono che sei davvero competente, che puoi fare la differenza, hanno paura, paura di essere detronizzati, di perdere il potere, la faccia e chissà cos'altro.

Se hai una laurea, due master, diversi corsi di specializzazione e 20 anni di esperienza e il tuo capo una laurea in scienze politiche ottenuta in 5 anni, è ovvio che ci saranno problemi.

Il cretino, invece che cercare nella sua assistente un'alleata che potrebbe evitargli di infilare una serie di figure barbine, comincia a vederla come il "nemico" e così scatta ogni tipo di abuso, generalmente amano quelli verbali - l'urlo belluino, mentre i più bastardi utilizzano quello psicologico, continuando a criticarti a dire che non sai fare le cose, mentre tu cerchi disperatamente di capire cosa stai sbagliando.

Cosa stai sbagliando?

Niente, sei solo più intelligente e in gamba e lui, disgraziatamente lo ha capito.

In aggiunta lui ha il potere, tu no.

Così passi dei mesi infernali, continuando a fare il tuo lavoro il meglio possibile, considerate le circostanze, finchè un giorno, capisci che non puoi andare avanti in quel modo, che il tuo fisico sta urlando di dolore da mesi e che sei finita in un loop di pensieri funesti che ti hanno prostrata fisicamente e psicologicamente.

Senza contare che, salvo il fatto di aver un marito molto paziente, anche il tuo matrimonio scricchiola, perchè avere in casa una che ha un pensiero fisso e da quello non riesce a schiodarsi, è abbastanza seccante.

Quindi facendo i conti abbiamo:
  • salute a pallino
  • matrimonio in emergenza
verso
  • capo bastardo
  • lavoro idiota (è sempre privo di contenuti quando il capo è un simile deficiente)
  • stipendio considerevole
risultato:

con i tanti soldi ci si può pagare le cure mediche e psichiatriche.

Non vedo altri vantaggi.

Conseguente scelta: lasciare il lavoro per recuperare la salute.

Ma ora quando faccio un colloquio, come gliela racconto sta storia?


sabato 7 aprile 2012

Donne in politica, che cosa ci esclude? di Giulia Bongiorno

Nessuno è in grado di immaginare come sarà la politica dopo il governo Monti, tra i cui meriti c’è sicuramente quello di aver affidato tre ministeri di peso a tre donne di valore.

La scelta del presidente Monti dimostra che, quando la selezione avviene sulla base della competenza, le donne sono in prima linea.


Ma cosa accadrà quando questo governo tecnico avrà esaurito il proprio mandato e la politica – come è giusto che sia – riprenderà il proprio posto?

Il mio timore è che si ripristineranno le vecchie logiche, quelle che finora hanno sempre escluso le donne da incarichi di potere.

Ecco perché è indifferibile una strategia diretta a promuovere la presenza femminile in politica.

Una prima strada potrebbe essere chiedere alle parlamentari di ciascuno schieramento di impegnarsi in una serrata trattativa all’interno del proprio partito per ottenere che, in occasione delle prossime elezioni, almeno la metà delle candidate siano donne. Ma è probabile che non basterà.

Forse, allora, bisognerebbe avere la forza e il coraggio di osare di più.

È innegabile che nel nostro paese ci sono molte donne di valore che finora sono state tenute ai margini e che, per tanti motivi, non sono ancora riuscite a esprimere appieno le proprie competenze e i propri talenti.


È possibile inserire nel panorama politico una formazione che, attraverso una classe dirigente di donne, faccia dello sguardo e della sensibilità femminili la propria cifra distintiva?

Le difficoltà sono innumerevoli, ma il punto non è questo: alle difficoltà siamo abituate. Il punto è che c’è un ostacolo preliminare davanti al quale cadiamo ogni volta: la nostra tendenza – anche dopo aver combattuto battaglie comuni – a dividerci, a frammentarci, a disgregarci. L’incapacità di mantenere un fronte unico.

In tutti gli schieramenti di uomini ci sono invidie, gelosie e odi, e quindi divisioni, scissioni, a volte persino rotture clamorose. Ma i sentimenti vengono sempre incanalati in strategie.

Tizio può non essere del tutto convinto dell’idoneità di Caio a rivestire un determinato ruolo, ma una volta deciso che Caio è il candidato del suo schieramento lo sosterrà: non fosse altro, per partecipare della fetta di potere che Caio potrebbe conquistare. Se le cose andranno bene, proprio a partire da quella prima fetta ne arriveranno altre, e loro se le spartiranno tutte: magari detestandosi, ma silenziosamente. In nome di un interesse comune e superiore.

Nei gruppi di donne questo non avviene: noi non ce ne teniamo nemmeno mezza. Quando si forma uno schieramento, prima o poi c’è sempre qualcuna che attacca apertamente qualcun’altra, è solo questione di tempo. E gli obiettivi che erano stati fissati, e che magari per un attimo erano sembrati persino a portata di mano, si fanno lontani. Irraggiungibili.

Credo sia l’esito della micidiale congiuntura tra una distorta forma di “schiettezza” (le virgolette qui sono d’obbligo), la difficoltà nel disciplinare le emozioni e l’incapacità di valutare le conseguenze dei propri gesti: quel che è certo è che nella maggior parte dei casi basterebbe risparmiare una critica – o rinviarla a un momento e a una sede più opportuni – per evitare fratture insanabili, e dunque perdita di forza, di coesione e di credibilità.

Purtroppo, non abbiamo ancora capito che è proprio nella zona d’ombra tra il dire e il non dire che risiede e prospera il potere.

Il potere passa di necessità attraverso la coesione. E coesione non significa amarsi, significa saper convivere mettendo da parte l’incontenibile smania di entrare in conflitto aperto ogni qual volta emerge un disaccordo. Cosa che peraltro le donne sanno fare benissimo quando si tratta, per esempio, di venire a patti con il marito se c’è in gioco il bene dei figli. Per qualche motivo, però, paradossalmente, proprio quando ci si ritrova tra donne a tentare di creare un gruppo che persegue un obiettivo, la nostra capacità di mediazione e di ascolto, la nostra comprensione e il nostro spirito di sacrificio precipitano in caduta libera.


Le donne andranno al potere soltanto quando avranno capito la differenza tra l’amore e la civile convivenza e saranno – anche solo apparentemente – unite, compatte e solidali.

Quando, cioè, in nome di un interesse comune avranno imparato a essere meno “schiette” e più strategiche.


Quanto tempo ci vorrà per superare questa ontologica incapacità di fare gruppo, di fare gruppo veramente però, e per più di cinque minuti?


Io mi ritrovo a pensarla allo stesso modo, ma moltissime donne hanno attaccato Giulia Bongiorno.

Alla fine sembra che le donne facciano squadra solo quando un'altra donna le attacca, dicendo la verità su di loro, per poi nuovamente disgregarsi, appena il bersaglio non è più in vista.

Come donna mi vergongno di esserlo: siamo meschine, invidiose e stronze.















domenica 25 marzo 2012

Il rispetto delle regole

Purtroppo noi italiani siamo noti per il fatto che non rispettiamo le regole e le leggi.

Meno le rispettiamo e più pensiamo di sembrare agli altri più intelligenti.

Io penso il contrario, meno le rispettiamo più sembriamo dei deficienti.

Questo vale od goni livello, dal traffico, all'evasione fiscale, a qualunque altra cosa in cui non facciamo come ci viene detto, ma ci mettiamo qualcosa di nostro.

A volte va bene, un po' di creatività può rendere le cose più interessanti, ma ormai la nostra "creatività all'italiana" è solo menefreghismo e mancanza di rispetto nei confronti degli altri.

Continuo a incontrare persone che, a dispetto delle regole, anche le più chiare e ragionevoli, vogliono piegarle ai loro desiderata.

In una società civile e complessa, come la nostra, non accettare e rispettare le regole, è una delle cose peggiori che possiamo fare, perchè significa cominciare a scardinare e erodere un sistema creato perchè tutti noi riusciamo a sopravvivere permettendo anche agli altri di sopravvivere con dignità.

Stare a tavola con buona educazione, usando le posate correttamente, può forse sembrare anacronistico, ma è un primo passo per "rispettare" gli altri, così come attraversare sulle striscie, non superare a destra.

Anche nel mondoo del lavoro, dove le regole sono moltissime, accettarle e comportarsi di conseguenza è sinonimo di intelligenza, non di stupidità.
Possiamo anche non condividerle, ma se vogliamo continuare a lavorare in quella società è giusto rispettarle.
Intelligente è, invece, fare, eventualmente, delle proposte per migliorarle, non ignorarle e farsi gli affari propri.

Mi è recentemente capita un'esperienza illuminante che ben evidenzia come il "voler fare come piace a me" non funziona.

Al'interno di un gruppo strutturato e ben organizzato, in fase di espansione, si è evidenziata la solita "mina vagante" che, colta da un delirio d onnipotenza, perchè le è stata data fiducia e un po' di spazio di manovra, ha deciso di "piegare" le regole del gruppo alle sua necessità e comodità.

Dopo mesi di richiami cortesi e, in crescendo, sempre meno cortesi, la persona in questione, contunuava a comportarsi a suo piacimento, senza accettare nessun gentile suggerimento, ma andando avanti per la sua personale strada.

Alla fine le è stato tolto quasi tutto, a cominciare dalla spazio di manovra e ancor prima la fidcia di chi collaborava con lei, fino a metterla in una angolino, rendendola impotente e inoffensiva.

Così di deve fare con chi esce dalle regole.

mercoledì 25 gennaio 2012

C'è da vergognarsi...

Più passano gli anni più divento intollerante.

Ci sono cose che mi hanno sempre dato fastidio, ma ora veramente faccio fatica a sopportarle.

Una di queste sopra tutto è lo spreco, i soldi buttati via dalle aziende in cose inutili e superflue, come per esempio i benefit, riconosciuti o meno, che spettano ai dirigenti.


Poi ci sono altri generi di sprechi che, infilati dentro fantomatici budget, sembrano essere spese assolutamente necessarie e quando sono effettivamente eccessive si vedono scene penose e ridicole, con manager che si arrampicano sugli specchi o inventano soluzioni che a nessun cretivo sono mai balenate.

Vogliamo fare qualche esempio?

Società con bilancio in rosso per milioni di euro, stato di crisi dichiarato e riconosciuto, prepensionamenti, accompagnamenti forzati alla porta di dipendenti ed ecco che nelle alte sfere ci facciamo rifare completamente un bagno ad utilizzo personale e riservato di una sola persona, ci facciamo il approntare sedie e tavolini sul terrazzo perchè ci piace il sole, spendiamo soldi in inutili orpelli, come fiori, posacenere in cristallo e chissà cosa altro.
Mandiamo i dirigenti a fare inutili corsi di inglese in sud America a spese dell'azienda, permettiamo che il personale se ne esca, durante l'orario di lavoro e senza nessun controllo.

Società con bilancio in attivo, ma stretto controllo delle spese generali (cosi pare), tanto che l'agenzia viaggi è messa sotto torchio per trovare tutto quello che costa meno (anche legati al carrello dell'areo, purchè si spenda meno), negli uffici manca la cancelleria, anche la carta è centellinata, la mensa è di sicuro meno gradevole di quella di un ospedale (c'è un occhio attento al benessere del personale), non c'è niente a norma di legge negli uffici, a cominciare dall'arredamento, passando per le uscite di sicurezza, ma per convention, per attirare i clienti, per promuovere l'immagine dell'azienda vengono sprecati milioni di euro.

Chi ne fa le spese, in entrambi i casi, sono i dipendenti, da una parte perchè soldi per aumenti di stipendio e progressioni di carriera non ce ne sono, dall'altro perchè per poter lavorare, contare i fogli di carta e non aver il nastro adesivo è sintomatico di una mala gentione che provoca un diffuso malessere tra i dipendenti.

Poi ci sono stati altri esempi ancora più eclatanti, e in questi 2/3 casi le aziende sono fallite o sono state commissariate, con buona pace dei lavoratori che sono stati licenziati.

I miei complimenti ai manager italiani, avnti così che andiamo benissimo!
D'altra parte mi sembra che anche il Governo abbia lo stesso stile di gestione, quindi perchè cambiare, è l'Italia, o no?

domenica 22 gennaio 2012

Ma le società sanno quello che vogliono, quando assumono?

Nella mia attività ne vedo veramente di ogni.

Cercare Manager Assistant per varie società, nel corso degli ultimi 2/3 anni, mi ha fatto capire che veramente nessuno sa cosa fa o può fare questa figura professionale, con lo sgradito risultato che candidate e aziende restano profondamente deluse.

Un paio di esempi per tutte.

Selezione per una Assistente di Alta Direzione, direttore di pima linea, richiesta di laurea, esperienza di più di 10 anni nel ruolo e inglese, ma inquadramento da centralinista o poco più e retribuzione che, mi ha dichiarato la candidata, percepiva nel 2003.
Fortunatamente capo e assistente si sono piaciuti e lei decise di accettare, in quanto l'attività che le era stata proposta e la tipologia di azienda le interessavano molto.

Selezione per una Responsabile di Segreteria Generale, mega azienda multinazionale, dipendenza da una prima linea, quadro, stipendio considerevole, sembrava tuto perfetto.
Dopo qualche mese la candidata era profondamente delusa perchè la sua attività era limitata e limitante, non le era permessa nessuna inziativa personale, doveva chiedere il permesso al capo per fare qualunque cosa e passava la giornate a smistare la corrispondenza interna via mail.

Ma le aziende quando cercano un profilo, sanno quello che vogliono???

Sono connesse con la realtà del mondo del lavoro o pensano solo al loro budget, nel primo caso e al prestigio, del ruolo e non ai suoi contenuti, nel secondo?

Sanno che ci sono persone che amano il loro lavoro e che desiderano farlo bene ed essere messe nelle condizioni di farlo bene?

Essere inquadrate come centraliniste a più di 40 anni o essere una specie di lussoso ufficio postale virtuale, può andare bene a qualche ottusa e poco ambiziosa persona, ma posso assicurare che tra le Manager Assistant che ho selezionato, ce ne sono che conoscono il loro valore e le loro capacità.

Alla fine aziende, selezionatori interni e anche headhunter sono quanto di meno professionale c'è sul mercato, e possono fare danni rilevanti alla carriera di un candidato.

domenica 1 gennaio 2012

Quali sono i vostri buoni propositi per il 2012?

Se a qualcuno interessano ecco i miei:

1. dato che anche quando mi impegno, i risultati sono sempre deludenti, non smetterò di fare la maestrina precisina perfettina, di rompere le palle e di incazzarmi con quelli che mi stanno intorno che invece sono assolutamente imperfetti e ignoranti.

2. continuerò a gridare e ad alzare la voce quando mi arrrabbio, ovvero almeno una volta al giorno.

3. non smetterò di correre perchè è nella mia natura andare al triplo della velocità delle persone normali, motivo per cui io sono superiore.

4. non ho nessuna intenzione di amare e/o accettare ogni espressione più o meno creativa di tutti quelli che mi stanno intorno, perchè sono veramente dei mediocri e sono stufa di far finta di essere meno intelligente di quello che sono, per far loro piacere e non farli sentire cretini

5. parlerò di meno, di sicuro quello che dico non raggiunge neanche lontanamente la loro barriera emato-encefalica, ammesso che ce l'abbiano.

6. userò meno internet e inviterò più amici a cena, sì, perchè gli amici me li scelgo.

7. lavorerò senza esagerare perchè la mia vita viene prima del lavoro

8. smetterò di raccontare palle: non ce la posso fare a mentire ancora e a far finta che voglio bene a tutti quelli che mi stanno intorno.
Voglio bene solo a pochissimi che mi stanno intorno.

E voi quali buoni e VERI propositi?

Siate sinceri con voi stessi e piantatela di fare i buonisti, sono tutte cazzate!