lunedì 26 luglio 2010

Donne Pensanti

Ho trovato molto interessante il blog di Donne Pensanti e specialmente il loro Progetto:

Presupposti

Donne Pensanti nasce in un contesto sociale e culturale estremamente difficile. In Italia l’involuzione della politica e la mancanza di partecipazione del cittadino alla cosa pubblica (per individualismo, qualunquismo e pigrizia mentale) hanno portato alla naturalizzazione di alcune anomalie estremamente gravi, che riguardano la condizione femminile.

Le donne sono percepite (e si percepiscono) in funzione del loro valore merceologico nei confronti del potere: la merceologia sostituisce la meritocrazia. Il cursus honorum di molte donne che vogliono emergere in qualsiasi settore professionale o in politica è spesso segnato dalla contrattazione della propria dignità e da una strumentalizzazione del proprio corpo.

Culturalmente si va diffondendo un modello univoco di femminile, basato sul raggiungimento di obiettivi di visibilità mediatica a qualsiasi costo, banalizzante e offensivo nei confronti di una realtà molteplice e sfaccettata, tagliata fuori dalle rappresentazioni imperanti.

Si tratta di un’emergenza tanto più grave in quanto inavvertita: occorre un’importante inversione di rotta, trasversale alla politica, capace di andare oltre l’ormai datata polarizzazione Destra- Sinistra, non riducibile al concetto di “lotta di genere”, perché quella che si va configurando costituisce una grave degenerazione antropologica che impoverisce l’intera società, e non soltanto le donne.

Obiettivi

Donne Pensanti si propone di:

- smontare la visione univoca del femminile, ridando voce alla complessità del reale
affermare la responsabilità sociale collettiva di uomini e donne pensanti nei confronti della complessità del mondo e contro le scelte semplici e di memoria breve (nazionalismo, intolleranza, risoluzione superficiale di problemi radicati nel sistema Italia)
- contrastare l’omologazione del femminile e la naturalizzazione della sua mercificazione, contribuendo ad aumentare la consapevolezza sulla grave regressione in atto, Decostruire le pretese universalizzanti e riportare all’attenzione di tutti il tema della diversità come risorsa
- offrire rappresentazioni alternative a quelle egemoni per configurare uno spazio stratificato e ricco di stimoli, una società complessa e in grado di accogliere la molteplicità e di propugnarla come un valore
- trasformare l’urgenza da cui nasce in un’occasione di incontro e scambio di esperienze che sfrutta le potenzialità della rete senza rimanervi invischiata
contribuire a creare un nuovo sentimento della realtà, meno monotono, meno deludente, più imprevedibile
- fare politica orizzontalmente, dando forma al pensiero attraverso (narr)azioni concrete, per una “democrazia ad alta intensità” rideclinare la politica come relazione, scambio, resistenza alle prepotenze del potere.

La violenza sulle donne si combatte non solo con le leggi ma prima di tutto con un cambiamento profondo di percezione.

Il rispetto per le donne si ottiene se le donne si rispettano esse stesse e sanno far emergere le proprie differenze valorizzando scelte coraggiose e non succubi a una logica che trasforma tutta la realtà in mercato.

http://www.donnepensanti.net/

martedì 20 luglio 2010

L’orgoglio fa novanta (chili)

L'attrice extra-large Elena Guerrini: «Oggi la 42 più che una taglia è un burqa»

All’ex Pini il monologo «Bella tutta!» contro il mito della magrezza

Elena Guerrini in scena

«Sono grassa, peso 90 chili, e mi piaccio così ». Elena Guerrini attrice «fuori format» (per il peso) è soprattutto una donna coraggiosa che non ha nessun timore a mostrarsi per quello che è. Anzi fa di più. «Al posto di mettermi a dieta ho deciso di raccontare i miei grassi giorni felici con “Bella tutta!”, un ironico e feroce urlo contro il mito della magrezza e il business della cosmesi» (la regia è di Andrea Virgilio Franceschi). Immersa in una scena rosa fucsia, lo stesso colore del tutù che indossa e degli oggetti che la circondano, l’attrice dà voce domani all’ex Pini al suo alter ego, Winnie Plitz, una sorta di Winnie beckettiana di «Giorni felici» dalla cui borsa emergono i simboli di un universo femminile fatto di riviste di moda, spazzole, occhiali, barbie-feticcio, specchi e abat-jour.

Oggetti che le danno identità, condizionando la sua vita. «È il fascismo rosa in cui viviamo, un modello in cui ogni donna, che le piaccia o no, è costretta a confrontarsi», sottolinea l’attrice toscana. Una dittatura in cui la dieta è solo l’effetto più evidente. «È il più potente sedativo politico della storia delle donne. Una popolazione con una tale tranquilla ossessione è una popolazione facilmente manipolabile » ricorda l’attrice, citando Naomi Wolf. «Oggi la 42 più che una taglia è diventato il nostro burqa — continua la Guerrini — è il limite imposto dalla società dell’immagine, da quel c.u.b.o., Canone Unico di Bellezza Omologata, che ci ha sottratto ogni forma di originalità. Per quanto mi riguarda in quindici anni di diete, ho perso 310 chili e ne ho ripresi 325, sembra assurdo ma è cosi».

Tra una battuta e un’invettiva, una canzone delle Radici del Cemento e un’altra dei Noir Desir, Winnie non perde l’occasione di allertare sulle conseguenze che tutto ciò produce: «Siamo vittime e carnefici di noi stesse, dobbiamo imparare ad accettare il nostro corpo. Negli ultimi anni abbiamo conquistato più potere d’acquisto, ma se parliamo di autostima siamo più arretrate delle nostre nonne». «Bella tutta!» più che uno spettacolo è un vero progetto. Oltre a una serie di performance realizzate per le scuole, Elena Guerrini sul suo blog propone il video «Pretendi di più», realizzato con Andrea Bastogi.

L’indirizzo è www.bellatutta.blogspot.com



Concordo pienamente con quanto dice Elena Guerrini, le donne italiane sono talmente concentrate su se stesse e su come devono, per forza, apparire, belle, giovani e magre, che tutto il resto passa in secondo piano, anche la libertà di essere quello che si è, senza sentirsi obbligate a essere fighissime e all'ultima moda.

Io sono un'amante delle scarpe, ne ho più di 100 paia, ma quest'anno non ne ho comprate, perchè nei negozi si trovano solo ballerine (le ho già di 6 colori diversi) oppure strani aggeggi di tortura, con plateau minimo 2 cm. e tacco tra i 12 e i 14 cm.

A parte il fatto che vorrei vedere una donna qualunque, come me, stare tutto il giorno su simili trampoli (garantiti mal di schiena e storte sul pavè milanese), mi sembrano più scarpe da zoccola, che da signora.

La volgarità dell'abbigliamento e degli accessori che si vedono in giro, fanno sempre più diventare le donne un oggetto sessuale, tutto dedicato e destinato all'uso del maschio.

Non si tratta più di essere belle, ma di attirare più sguardi e attenzioni del maschio, senza considerare che le estremizzazioni sono sempre ridicole, quando non diventano pericolose.

Dal mio punto di vista siamo già ampiamente nell'area pericolo.

Pericolo di perdere la nostra libertà di scegliere, di essere come vogliamo e non come ci viene imposto da altri.

Nessuno ha mai pensato che la maggior parte degli stilisti sono omosessuali?
Come possono amare le donne e creare abiti belli per noi?
Infatti creano abiti per donne "tavole da stiro", senza forme, senza seno, senza sedere, insomma per esseri asessuati.

E noi dovremmo adeguarci e accettare di essere trasformate e private della nostra femminilità?

Io mi rifiuto e sono fiera del mio sovrappeso.

venerdì 16 luglio 2010

La segretaria perfetta per il manager italiano

Da: VITA DA SEGRETARIA:

La segretaria perfetta per il mediocre manager italiano

"Incontro Lucilla al primo colloquio sostenuto per lavorare per l’ingegnere e AA. Indossa un tailleur rosa pesca, calze velate color carne, scarpe con tacco alto e da dietro potrebbe sembrare una modella, perché è alta quasi 1.80 e molto magra.
Ad una seconda occhiata, sempre da dietro, noti le gambe a x, ma è solo quando si volta che ti rendi conto che, se non fosse per una cascata di capelli biondi, tinti, a cui lei tiene molto, sarebbe assolutamente necessario il classico cuscino sulla faccia.
Ma il fatto che io la detesti non deriva dal suo aspetto fisico, eheh, gelosie tra donne, come al solito! No, il mio rapporto con lei si deteriora progressivamente dal primo giorno di lavoro, perché purtroppo è stupida, pigra e incapace.
Alla mattina arriva regolarmente venti minuti in ritardo, ma si sente giustificata perché la sera prima è rimasta in ufficio fino alle dieci, «sai» sussurra con aria complice, «c’era l’ingegnere» (cosa fanno insieme fino alle dieci di sera?).
E vabbè penso, non importa, tanto io sono mattiniera e arrivo alle otto e trenta, ed esco molto prima di lei, verso le sette e trenta, dunque, soprassediamo.
L’ora di pausa per Lucilla, anche se sa benissimo che ci deve essere sempre una di noi in ufficio, è elastica, nel senso che lei ha deciso che io devo uscire alle dodici e trenta e rientrare all’una e trenta, mentre lei esce solo quando ha fatto il suo giro di telefonate alle amiche per organizzarsi la compagnia per il pranzo e rientra a suo comodo e, se per caso decide di uscire lei per prima, io rischio di mangiare alle due del pomeriggio.
Sono piccolezze, lo so, ma secondo me, denotano quanto rispetto hai per la collega che lavora a fianco a te e non mi sembra che lei mi rispetti molto.
Poi c’è il discorso della divisione dei compiti, lei si occupa solo ed esclusivamente dell’ingegnere, dagli appuntamenti di lavoro alla consegna delle sue camicie in tintoria.
Detto tra noi, sono veramente felice che lei consideri questi compiti un privilegio cui non rinuncerebbe per niente al mondo, perché a me farebbe un po’ schifo mettere le mani nella biancheria del mio capo, manco fosse il mio amante!
Tra l’altro non è neanche questo il caso, poverella! tutto l’ufficio sa che Lucilla sbava per infilarsi nel suo letto e lui, filone, fa finta di niente, anche se ha capito, e le chiede di fare le cose più assurde, tanto sa che lei, schiava d’amore, lo accontenta sempre.
Io invece, che non ho la velleità di assurgere a concubina dell’imperatore, faccio tutto il resto, che non è certo passare tutto il mio tempo a cercargli lo yacht per le vacanze nel Mediterraneo, o l’indirizzo di qualche famoso ristorante dove vuole andare sabato per togliersi uno sfizio – ma se non magia mai, cosa va a fare al ristorante??? – o peggio ancora, stargli seduta davanti per ore intere con i libri firma sulle ginocchia, pieni di bonifici urgenti, compreso quello del pagamento dei nostri stipendi, mentre lui sta attaccato al cellulare per i fatti suoi, ed essere liquidata alla fine con un, «Lucilla dopo, che adesso non ho voglia.».
NON HO VOGLIA?!?!!? Cosa vorrebbe dire che non hai voglia di firmare? Sei o non sei l’amministratore delegato di questa cazzo di società? l’unico con poteri di firma sopra i 50.000 euro???
E mandi via la scema, che se ne va senza fare una piega, dopo ore di attesa, senza aver nemmeno indagato se magari c’è qualcosa di urgente???
Voglio il mio stipendio al 27 del mese, brutto deficiente!! e quella cretina, il cui dovere sarebbe farti notare che ci sono certe priorità e scadenze da rispettare, striscia fuori dal tuo ufficio al settimo cielo perché le hai permesso di adorarti in silenzio per quasi tre ore??
Me la vedo che, dopo un paio di ore, scivola in ginocchio, davanti alla sua scrivania con le mani giunte in una preghiera (tanto non ti esaudisce, spera, spera, oca!) e gli occhi rivolti al cielo…"


Ecco questo è quello che il manager medio e mediocre, italiano, desidera: un'oca scema in perenne adorazione, che sorride, non si permette di parlare, anche quando dovrebbe, per fare bene il suo lavoro, che è guardabile, sarebbe meglio se fosse strafiga, ma guardabile va bene e che è totalmente priva di iniziativa intelligente.

giovedì 15 luglio 2010

La soddisfazione c'è perchè qualcuno si sta accorgendo che il sistema è zoppo

Il mio post precedente sembra un pò strano, ma la soddisfazione c'è nel vedere che non sono strana a pensare che il sistema, la cultura e la società italiani sono profondamente "malati".

Mi sentivo molto sola, una specie di post-femminista, ritardata e superata e invece mi rendo conto di quanto strani e ridicoli sembriamo, noi italiani, agli stranieri.

Fuori c'è tutto un mondo che non fa differenze fra uomo e donna, ciò che conta è la professionalità, c'è tutto un mondo per cui non è necessario essere fisicamente perfette, magre, manicurate, parruchhierate e super-fighe per avere l'attenzione di un collega.

Basta avere qualcosa di intelligente ed interessante da dire.

Tra l'altro è molto faticoso essere così perfette e, se dedicassimo parte del tempo che dedichiamo a queste cure estremizzate del corpo alla cura del cervello, molte palestre e centri estetici chiuderebbero e molte scuole di formazione, librerie e biblioteche fiorirebbero.

... ma ogni tanto qualche soddisfazione c'è!

Oggi, in un contesto particolare, mi sono trovata a parlare con una donna di circa la mia età, straniera e che ricopre una posizione di rilievo in una grossa corporation.

Chiacchierando sono subito risultate evidenti le sue perplessità su come le donne, nel mondo del lavoro italiano, vengono percepite dai colleghi uomini.

Per lei, abituata a non vedere o sentire nessuna differenza, è molto strano captare questa sensazione che le donne siano considerate "diverse" in senso negativo, rispetto agli uomini.

Secondo lei le donne vengono "giudicate" in base a parametri che le sono sconosciuti e non in base alla loro professionalità.

Io non posso che essere d'accordo, credo infatti che la professionalità di una donna italiana sia inversamente proporzionale alla profondità della scollatura, alla lunghezza dell'orlo della gonna e all'altezza dei suoi tacchi.

La conseguenza è che più sono evidenti questi suoi pregi, meno è professionale la donna, più è apprezzata dagli uomini!

mercoledì 14 luglio 2010

Lottare è sempre faticoso

Ci sono giorni in cui penso che vorrei sparire e mollare tutto, perchè una persona non può passare tutta la vita a lottare.

Una battaglia dietro l'altra e quasi tutte perse, poche insignificanti vittorie, perchè il singolo contro il sistema è come dare pugni, a mani nude, a un muro di mattoni.

Fa molto male.

Quando mi sento così penso alla mia vita, alla fatica che ho fatto e che sto tuttora facendo, per ottenere quello che penso mi spetti, al mondo totalmente maschilista che non fa sconti alle donne, obbligate a essere migliori, a sudiare di più, a lavorare di più, a dimostrare che ce la fanno, nonostante il triplice carico di lavoro (moglie, mamma, lavoratrice) quando sono fortunate, e allora mi cresce dentro una rabbia immensa che è il motore che mi manda avanti e che mi spinge a proseguire nella mia lotta "contro i mulini a vento".

E la miccia è un pensiero costante: se avessi una figlia vorrei che non dovesse subire le umiliazioni che ho dovuto e devo subire, vorrei che per lei la strada fosse, non più facile, ma più giusta, che la diversità di genere non fosse più neanche nominata o considerata un "vantaggio" per le aziende, perchè in realtà non esiste, siamo tutti uguali, tutti esseri umani, grassi, magri, alti, bassi, bianchi, neri e gialli, uomini, donne omosessuali e lesbiche.

Ma tutti con uguali diritti, come sancisce la nostra costituzione di cui evidentemente tutti se ne fregano.

Un'ultima cosa vorrei dire agli uomini: avete anche voi delle figlie, che avranno dei capi uomini.

Volete che siano trattate come delle deficienti? sottostimate e sottovalutate? sottopagate?

Le vostre principesse, che, come padre vi adorano e che voi adorate, da un altro padre saranno considerate meno di un altro essere umano maschio.

Ritenete che sia giusto?

Andrete avanti a comportarvi come al solito, discriminando le donne che lavorano per voi e con voi?

Pensateci.

lunedì 12 luglio 2010

Il rispetto non vale per tutti i collaboratori

Da: VITA DA SEGREATARIA

«Distribuisca!», tuona AA – che mi fa tanto annuncio economico per massaggi e altro, ma sta per Adolfo Amabile – e mentre ulula schiocca le dita con il braccio alzato. Prego? penso io, distribuisca??? ma per chi mi hai preso brutto deficiente, per la tua cameriera?
Guardo le persone sedute intorno al tavolo, tra cui spiccano gli occhi blu del divino architetto Apollo, dietro il quale tutte noi sbaviamo e mi sento una furia gelida dentro, ma porcadiquellazoccoladituamadre, mi sono laureata per servire caffè alle riunioni? È già tanto che ti porti il vassoio e lo appoggi sul tavolo, vuoi anche che sculetti e mi inchini offrendo a ognuno dei presenti il suo caffè, come una geisha giapponese??? Ma sei scemo??? Mi irrigidisco, abbozzo, perché, in fondo, sono una signora e con tutta la grazia che mi è concessa, non so da chi perché lo strozzerei, poggio delicatamente le tazzine a fianco di ognuno.

Esco dalla stanza come una delle furie e faccio il corridoio a passo di marcia, mentre il fumo mi esce dalle orecchie e lancio lampi dagli occhi.
Incrocio Raffaella che mi guarda sconvolta, mi tremano le mani dal nervoso, afferro la borsa, sono solo le cinque del pomeriggio e domani c’è il tanto odiato, CdA, e urlo, questa volta tocca a me urlare, «mi sono proprio rotta i coglioni!» e me ne vado, sì proprio così, mollo tutto e vado a farmi un giro per negozi.
Mi vedranno domani, se mi è passata!

Il giorno dopo Montironi, che fa anche le funzioni di responsabile del personale mi chiama.
Eh, lo sapevo che mi toccava pure giustificarmi.
Mi chiede, tutto sostenuto, dove sono sparita il pomeriggio precedente e io gli spiattello sul muso cosa è successo e che so che non avrei dovuto abbandonare le ragazze prima di un CdA, ma che certe cose proprio non le sopporto.
Scuote la testa, mi guarda con quei suoi occhioni da bassethound e mi sussurra, guardandosi in giro guardingo, «la capisco, sa?».
E meno male che ce ne è almeno uno che capisce, ma tanto non cambia niente, il caffè mi tocca farlo e servirlo lo stesso!.....


Mi dispiace doverlo sottolineare, ma tutto resta sempre uguale.
Mi domando in quale mansionario c'è scritto che una Assistente di Direzione debba fare la cameriera e, il primo che mi dice che sono la padrona di casa e quindi è mio dovere, gli sfondo il cranio a martellate.
Ma che padrona di che casa????
Non siamo padrone di un bel niente, neanche del nostro tempo, dato che ci obbligano a presidiare l'ufficio fino ad ore perlose, per chiudere la porta dietro l'ultimo fesso che esce.
E nel frattempo?
Potessimo farci almeno la manicure, leggere una rivista del genere Novella 2000 (non si aspettano certo di vederci con in mano la Harward Business Review, sarebbe uno shock insuperabile) - ma no, bisogna stare lì sedute, rigide e professionali, sorridere come ebeti (distrutte dalla stanchezza) e fare pure finta che ci piaccia essere considerate delle portinaie di lusso.

E cosa dire della bella abitudine che TUTTI hanno di parlarti mentre tu sei al telefono????
Ma va bene che sono multitasking, però le orecchie sono comunque due e le mani anche, quindi senza bisogno di fare un disegnino, come faccio a prestare attenzione a uno che mi parla al telefono e di cui sto scrivendo il numero di cellulare e contemporaneamente a rispondere a te, brutto deficiente, che mi chiedi una cosa banalissima? Non è che potresti avere il buon gusto e l'educazione di aspettare un minuto (non di più, lo giuro), perchè io possa dedicarti tutta l'attenzione e l'adorazione che ti aspetti????

Ultimamente quando sono al telefono volto ostentatamente le spalle alla porta e se qualcuno mi parla, non mi volto.

venerdì 9 luglio 2010

Chi ordina prete una donna finisce a giudizio nei tribunali del Sant'Uffizio

Insieme all'eresia, all'apostasia e allo scisma, sarà tra i delitti più gravi.

LE NUOVE LEGGI DEL VATICANO

Chi ordina prete una donna finisce a giudizio nei tribunali del Sant'Uffizio

Insieme all'eresia, all'apostasia e allo scisma, sarà tra i delitti più gravi. Inasprimento anche sui preti pedofili

L'ordinazione sacerdotale delle donne, l'eresia, l'apostasia e lo scisma.
Nuovi delitti del foro ecclesiastico saranno contenuti nell'aggiornamento del Delicta graviora, il documento che accompagnava il Motu proprio «Sacramentorum sanctitatis tutela», firmato nel 2001 da Giovanni Paolo II. Il nuovo documento conterrà anche procedure più restrittive sulla pedofilia. Secondo fonti informali - per ora non confermate nè smentite dal Vaticano - l'aggiornamento cui sta lavorando la Congregazione per la Dottrina della Fede e che sarà reso pubblico la settimana prossima, prevederà che coloro che conferiranno l'ordinazione sacerdotale a esponenti del sesso femminile potranno essere giudicati dai tribunali dell'ex Sant'Uffizio.

SCOMUNICA -L'ordinazione sacerdotale di donne è già proibita dal Vaticano. Il 29 maggio del 2008 l'Osservatore Romano ha pubblicato un decreto firmato dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. William Jospeh Levada, che disponeva la scomunica «latae sententiae» cioè automatica per chi ordina donne prete e per le donne che ricevano l'ordinazione. Ora, secondo le indiscrezioni raccolte, con l'aggiornamento dei Delicta graviora, l'ordinazione delle donne dovrebbe essere«elevata a delitto più grave». I delitti contro la fede più gravi contemplati dal Delicta graviora attualmente previsti sono essenzialmente tre: l'attentato contro l'eucaristia, l'attentato contro la santità della confessione e l'abuso sessuale su un minore.

Da: Il Corriere della Sera - http://www.corriere.it/cronache/10_luglio_08/donne-prete-delitto_0448d0a8-8aa6-11df-966e-00144f02aabe.shtml

MI VIENE DA VOMITARE...

Per chi volesse imparare un po' di più sul ruolo delle donne nella dottrina originale di Gesù Cristo:
IL LIBRO DELL'AMORE: http://www.trilogiadellamaddalena.it/author.view

Per chi vuole iniziare a comprendere da dove nasce la discriminazione delle donne nel mondo moderno: http://www.utopia.it/sanpaolo/san_paolo_apostolo.htm
Notevole il fatto che San Paolo parli delle donne e degli schiavi allo stesso modo.

La situazione è migliorata? accidenti no!

Vi ho scritto precedentemente che vi avrei aggioranti sulla situazione delle donne nel mondo del lavoro e vi avrei informati, care lettrici e lettori, se avessi notato un qualche miglioramento rispetto a quando ho pubblicato il mio libro.

Devo dire che la situazione è pessima e peggiora.

Non solo per le neo-mamme, ma anche per chi, come me, non ha figli ed è più disponibile (ovviamente nell'immaginario maschile, perchè so di donne con 3 figli che non hanno mai fatto una assenza).

Da qualche anno lavoro con una persona che, pensavo, fosse una rarità.
Pensavo che mi considerasse una collaboratrice e non una creatura sub-umana senza cervello o parte dell'arredamento dell'ufficio.

Sbagliavo, è come tutti gli altri capi che ho avuto e forse peggio, perchè è uno spettacolare camaleonte, un pezzo di pongo che si adatta alle situazioni, fa finta, sembra accettare (ma in realtà subisce per un suo fine più o meno recondito) e poi ti pugnala alle spalle alla grandissima.

In pratica mi ha tirata scema per mesi, fingendo, dribblando le mie domande, raccontandomi un'infinità di bugie.

Ma quando l'ho scoperto, è rimasto talmente sorpreso, che non ha avuto la prontezza di spirito di "rimettermi al mio posto" di creatura sub-umana.

E il fatto di essere stato meno veloce, nel pensiero strategico, logico nel replicare e di sicuro meno intelligente di me, nell'avermi sottovalutata, lo ha reso penosamente ridicolo ai miei occhi.

Non tutte le donne sono disposte a continuare a subire, a piegarsi per quieto vivere, a far finta che non sia successo nulla e a tirare avanti.
Ci sono donne che combattono, che a ogni colpo riescono a trovare la forza di rialzarsi.

Io sono una di loro.

giovedì 8 luglio 2010

Tuttavia... non tutte le donne belle sono delle cretine

Da: VITA DA SEGRETARIA

"La Stefi è responsabile dell’ufficio acquisti. È una ragazza in gamba, fa bene il suo lavoro, non si risparmia ed è anche stata eletta la più sexy di tutta la società! Da non credersi, una donna bella e anche intelligente! Che sia chiaro che non è l’unica, ma in genere, se sei bella, è meglio che non ti dimostri troppo intelligente, potrebbe essere molto pericoloso. E’ consigliato l’understatement per sopravvivere, il mondo del lavoro è dei maschi e loro temono le donne intelligenti, se sei racchia ti accettano meglio, perché gli fai un po’ pena, se sei bella, automaticamente sei oca. Se coniughi le due virtù li terrorizzi e ti fanno morire!!!! Comunque sia la Stefi ed io ci facciamo delle belle chiacchierate alla macchinetta del caffè e anche un sacco di ghignate alle spalle del grande capo, abbiamo lo stesso senso dell’umorismo.
Quando ho lasciato la società, perché il mio contratto scadeva abbiamo continuato a frequentarci e dopo poco tempo anche lei ha cambiato aria.
Ha trovato un altro lavoro, sempre interessante e di responsabilità e con anche un ottimo stipendio.
Poi ha fatto il grande errore. Ha deciso che voleva diventare mamma. Quando è rientrata l’hanno messa a fare i data entry e lei per qualche mese non ha detto nulla. Ha subìto in silenzio e poi ha chiesto il part-time. Ovviamente il suo capo non ne voleva sentire parlare, la bassa manovalanza fa sempre comodo, inoltre lo stipendio da quadro per un data entry mica lo tira fuori lui! bèh, per farla breve, la Stefi si è rivolta al direttore del personale che era all’oscuro di tutti questi maneggi. Ha avuto il part-time, ma i contenuti del suo lavoro sono sempre avvilenti. Quattro mesi fa le hanno offerto una somma ridicola per stare a casa definitivamente, l’alternativa è di mettersi a disposizione per qualunque posto disponibile.
La Stefi, donna pratica e di buon senso, ha scelto la seconda opzione.
È ancora a disposizione…"


Quando ho scritto questo racconto eravamo nel 2006, il bambino di Stefania aveva circa 2 anni, ora ne ha 6 e finalmente Stefania mi ha detto che, dopo avere chiesto più volte, è stata spostata e fa un lavore interessante.
Fa un part-time di 6 ore e dopo aver pagato il fio per 6 lunghi anni, la sua tenacia è stata premiata.
Lei non me lo ha mai detto, ma credo che siano stati anni veramente difficili e che abbia subito soprusi che in un altro paese non sarebbero stati tollerati.
Ma ha tenuto duro e ora ha ottenuto quello che voleva.

Quante di noi ce la fanno? quante non mollano? è recente l'esperienza di una professionista che, rientrata dalla maternità, nonostante impegno e dedizione, è stata licenziata, perchè le sue performance non sono state ritenute all'altezza della posizione da lei ricoperta.

Io sono mamma e mi domando se i primi 3 anni di vita di un figlio devono penalizzare una vita intera.

mercoledì 7 luglio 2010

LUANA: esempio calzante di donna che piace agli uomini

Da: VITA DA SEGRETARIA

"Luana è la classica burinetta della Brianza che è approdata nella grande Milano e ha deciso di crearsi un’immagine.
E sicuramente c’è riuscita.
Sempre in elegante tailleur scuro e camicia chiara, scarpa con il mezzo tacco rigorosamente a punta, borsa firmatissima, trucco leggero, manicure impeccabile di chi non ha mai lavato un piatto in vita sua – c’è mammina per queste cose triviali e, anche se vive sola, va a cena tutte le sere dai genitori e sempre mammina lava e stira la biancheria – capello mechato biondo e sempre parrucchierato, ho scoperto che la sorella lavora in un negozio di parrucchiera.
Perfetta, sicuramente il sogno di ogni madre, Luana ha un unico difetto: pur essendo laureata in architettura non capisce niente di property, non parliamo di asset e, cosa sarà mai un budget?? Non sa usare il PC e per lei Internet è una località esotica dove la gente va a fare surf (in inglese si dice “to surf the Internet” e dato che sua sorella vive a Londra, ma lei non sa una parola di inglese, nonostante ci vada almeno una volta al mese, deve aver orecchiato l’espressione, senza capirne bene il significato).
Le sue armi sono grandi sorrisi, sbattimento di ciglia e un continuo annuire che fa sentire gli uomini presenti con lei alle riunioni, onnipotenti e infallibili.
Non parla mai per prima, ascolta, assorbe come una spugna e poi ripete il concetto, fatto suo alla velocità della luce, con parole diverse, come se fosse farina del suo sacco: visibilio! «Ma com’è intelligente, ma la pensa proprio come noi…».
Lì sta il trucco, mai contraddire un uomo durante una riunione, o hai le palle d’acciaio e sei sicura al 100% di aver ragione o lui ti trita e quel che resta di te è solo trippa.
Ed è tutto uno sbavare, mentre lei sculetta fuori dalla porta, ancora una volta vincitrice.
Quanto siete scemi, uomini!"

martedì 6 luglio 2010

Vogliamo smettere di fare le ipocrite?

L'altra sera a cena, una mia cara amica mi ha aggredita dicendo di smetterla di dire che, nella mia azienda, le donne fanno carriera solo se si infilano sotto una scrivania e usano le ginocchiere.
Ha aggiunto che queste cose succedono raramente e che così sputtano le donne.

Non sono d'accordo.

Per esperienza diretta sono certissima che buona parte delle donne che ho incontrato in 15 anni di lavoro hanno fatto carriera pagando pegno a un uomo, volontariamente o meno, a volte anche costrette da situazioni contingenti.
Poi ci sono anche quelle che subiscono per non perdere il lavoro, ma è un altro caso, ben peggiore.

Non facciamo le ipocrite! si sa che avere l'appoggio di uomo aiuta a fare carriera e, dato che l'Italia è uno stato estremamente maschilista, le donne italiane sono molto più svantaggiate rispetto alle colleghe straniere e quindi fanno di necessità virtù.

Non mi permetto di giudicare le scelte di nessuno, ma siccome ho avuto anche io la mia parte di guai e non ho mai ceduto, mi ritrovo senza una carriera e con una grande rabbia dentro.

Qui di seguito una recensione del libro "Vita da segretaria" in cui ben si evidenzia il mio pensiero:

A Life of a Secretary, a mirror of the Italian Society

"If you read the heading of the article and your first reaction was an air of disgust at the word Secretary, you should introspect and ask yourself why.
Do you consider the role demeaning and unprofessional?The context is missing. If we were in England or the US or even some Asia Pacific countries, “secretary” or even personal assistant could take the form in the traditional sense but it could also assume the professional role of the right hand person of the CEO. It is not uncommon that these figures usually hold a powerful role.

In Italy however it is a different story. “A life of a secretary” is a book of short stories by a woman who has held several posts as secretary/assistant in Italy and the humiliation and difficulties faced in each one. A woman (or man for that matter) of integrity is not so easy to find: one woman’s battle I am glad to say that stood her ground even if that meant risking her job on several occasions and opportunities of progress.

The author who goes by the pseudonym Annalisa Vergani was born in Bergamo in 1966 and has a degree in foreign languages and a master in human resources management.
She begun to work as a Scientific Secretary at the European Institute of Oncology and after six years decided that it was time to change and to have other experiences.
In the last 9 years she changed several jobs, always looking for a boss that could appreciate her skills and her potential.
It was a mission impossible! But on the path of knowledge she learnt many things and more importantly direction and self esteem.

Annalisa decided to write the book because she had the need distance herself from all the negative experiences. Annalisa Vergani is the nickname used as author of the book
probably due to the need to put a distance between her and the things she had to bear.
The purpose of the book is to underline behaviours that are not acceptable neither in the office or at home with humour and irony (taking it seriously would be a real tragedy!!) hoping that in the future nobody has to suffer these kind of things.

Having started to read the book various aspects emerge. It’s definitely a good book for people that are considering coming to Italy. It is unfortunately a reflection of Italian society. How men generally perceive women and how many women have reacted to appease them.

I remember when I first arrived in Italy and the awe entering a multinational upon seeing scantily clad women in the office place. I put it down to cultural difference and maybe the British were a little prudish in their dress sense. Nevertheless the short hemline would certainly be cause for distraction.

The author was once asked by foreign women why they had difficulty interacting with Italian women. The answer she replied was simple. Women are judged not by their intelligence or professionalism, but by their elegance and how many heads turn when you enter a room.

Upon reading the book, one can feel and even re-live the frustrations that the author experienced. There are many women out there that are disadvantaged due to the fact that Italy is still very male dominated. On the other hand I can say I have met several professional women in Italy and so clearly there has been some progress especially in the multinational companies.

The author sends a distinct message to us all-to hold on to our dignity. If your environment makes you feel intimidated and inadequate, the chances are YOU are not.

By Hema Mali

lunedì 5 luglio 2010

Ecco come le donne riescono a non essere solidali

Da: VITA DA SEGRETARIA

Eccomi qua, sono stata invitata come relatrice al Congresso delle Assistenti di Direzione, organizzato da Secretary.it in collaborazione con il Sole 24 Ore. Sono gasatissima e anche un po’ intimorita… farò una figuraccia, comincerò a balbettare dicendo cazzate? E come mi giudicheranno le colleghe? …
Evvai! Il mio intervento è andato discretamente, non ho balbettato e neanche detto scemenze, mi sembra…, ma come al solito, la mia vena anarchica mi ha spinto a lanciare un paio di provocazioni: «qualcuna di noi ha scelto di sua volontà questa professione?» domando.
Ovviamente il silenzio è stata la risposta.
Non è il sogno di nessuna donna fare la segretaria, ne sono certa! quando siamo piccole sogniamo di fare le ballerine, le attrici, magari le scrittrici (!?!), oggi penso che le ragazzine sognino di diventare veline, ma segretarie, suvvia, che professione è mai questa? Ci si finisce per caso, quando non si ha una specifica preparazione o esperienza e poi si resta incastrate nello stesso ruolo, perché se non sei in gamba, non fai carriera e se sei un’ottima assistente il capo non ti farà mai fare qualcosa di diverso perché ti perderebbe e poi dove la trova un’altra???
Magari ti gratifica con benefit ed aumenti di stipendio, se è furbo, ma farti crescere professionalmente per poi vederti volare via in un’altra società alla ricerca di migliori soddisfazioni professionali e compiti di maggiore responsabilità??? NON SUCCEDE MAI!
La mia seconda proposta/provocazione consiste nella richiesta di costituire un albo nazionale delle Assistenti di Direzione che dimostri-no di avere determinate qualifiche e/o esperienze.
Da quest’ultima idea nasce lo scambio di e-mail che ho nei giorni successivi con una delle relatrici che ha fatto il suo intervento dopo la mia intervista.
La signora, infatti, mi ha entusiasmato talmente tanto con il suo discorso, da farmi intervenire dicendole che le avrei dato un bacio in fronte, ma rimandandomi, subito dopo, nell’angolino buio da dove ero saltata fuori, cazziandomi e dandomi della mancata Giovanna d’Arco. Di seguito, appunto lo scambio:

Da: Annalisa
A: Trombelli
Oggetto: un ultimo commento
Gentile Professoressa Trombelli,
ho veramente molto apprezzato il Suo intervento al Congresso An-nuale Assistenti di Direzione.
L’ho talmente apprezzato che Le ho detto che Le avrei dato un bacio in fronte per aver reso chiare e comprensibile intuizioni, idee e a volte semplici sensazioni che accompagnano ogni giorno la vita di ogni donna che fa la mia professione.
Specialmente il fatto che Lei abbia compreso e sottolineato quante di noi si sentono insicure in un mondo del lavoro prettamente maschile, dove spesso cerchiamo di adeguarci come camaleonti a situazioni che snaturano totalmente la nostra femminilità e spesso offendono la nostra dignità, mi ha, al momento, ridato la speranza per una evolu-zione della nostra professione verso qualcosa di più considerato e apprezzato.
Ma devo dire che il commento che Lei ha fatto al mio intervento, che veniva dal cuore e dall’esperienza e non da una serie di dati e intervi-ste, mi ha profondamente deluso.
Io non voglio fare l’eroina, lungi da me qualsiasi intenzione di fare la Giovanna d’Arco della situazione, ma Le vorrei fare una semplice domanda: Lei ha mai provato, dico solamente provato, anche solo per qualche giorno a fare il mio lavoro? Si è mai trovata ad essere mal-trattata e anche insultata senza nessun apparente e ragionevole motivo, umiliata di fronte anche ad altri solo per un semplice esercizio di potere? Senza contare eventuali profferte di carattere sessuale, di cui nessuno ha parlato, ma che sono molto più frequenti di quanto Lei possa immaginare.
Mi scusi, ma mi sono sentita offesa dalla risposta che Lei mi ha dato, in modo particolare perché anche Lei è una donna.
Sarei riuscita a capire se fosse stato un uomo a rispondermi così, ma da una donna mi dispiace moltissimo, perché significa che siamo ancora molto lontane da quel traguardo che sogniamo tutte: rispetto, dignità e fiducia.
Cordiali saluti.
Annalisa

Da: Trombelli
A: Annalisa
Oggetto: pensiamoci
Buongiorno Annalisa,
lungi da me voler difendere le mie posizioni.
Ho adottato un’impostazione, come lei ha sottolineato, legata all'espe-rienza e indubbiamente un po' opportunista.
Ma quello che volevo dire è che si ottiene di più comprendendo bene il contesto in cui si opera, e poi cercando di partire da lì per il cam-biamento.
Quando invece si spara troppo alto si rischiano delusioni e rigetti.
Mi spiace sopratutto che invece di trovare questo come un argomento di discussione lei abbia concluso che, posizioni come queste, fanno "il male" di noi donne.
Cordialmente

Da: Annalisa
A: Trombelli
Oggetto: R: pensiamoci
Gentile Professoressa,
grazie per la cortese risposta.
Sono certa che gli approcci morbidi sono i migliori in ogni situazione.
Sicuramente io sono esacerbata e frustrata da anni di lavoro in ambienti dove l'essere donna e per mia sfortuna o fortuna, dipende dai punti vista, non racchia, mi ha portato a pensare che o si rompo-no, per così dire, gli equilibri o si continua a subire. E' evidente che l'azione di un'unica persona all'interno di una sola azienda non ha senso.
Per questo motivo ho suggerito, durante il mio intervento al congres-so, di costituire un albo delle assistenti che le riunisca e specialmente le qualifichi come professioniste nel loro campo.
Il massimo sarebbe che una prestigiosa università attivasse un corso di post-laurea ad hoc per questa professione.
Da questo anno sono iscritta per una seconda laurea in Scienze della Comunicazione, corso di laurea triennale che dovrebbe formare persone che andranno a lavorare nell'ambito del marketing e della comunicazione.
Ovviamente i futuri laureati non diventeranno tutti e subito, direttore marketing di grosse aziende, ma magari alcune di queste persone cominceranno facendo le assistenti al direttore marketing, quindi perché non creare un campo di studi che specializzi chi vuole intra-prendere la professione di assistente?
Come è risultato chiaro da una domanda provocatoria che ho fatto alle mie colleghe, nessuna di loro ha scelto di fare l'assistente, ma si è "trovata a farla" probabilmente perché da qualche parte si deve pur cominciare e il modo più semplice, per una donna, di entrare nel mondo del lavoro, se ha una preparazione non specialistica/tecnica, ma umanistica e quello di fare il percorso: centralinista, segretaria, assistente e via così.
Grazie ancora per l'attenzione e cordiali saluti.
Annalisa

Da: Trombelli
A: Annalisa
Cara Annalisa,
È interessante quello che lei afferma: nessuna lo ha scelto.
Sa che è la stessa risposta che mi danno le donne al vertice?
C'è una A.D. di una grande società di comunicazione internazionale che mi diceva: io non lo desideravo, ma me l'hanno chiesto! E' quella che io chiamo la carriera per caso.
Non trova strano che le donne non scelgano mai? Che non progettino i loro percorsi, che non dichiarano le proprie ambizioni?
Nonostante la mia "sgridata" amo molto le donne come lei, che cercano di migliorare, di cambiare qualcosa, di lottare.
Non ci rimetta troppo, però, la vita è una sola e dobbiamo viverla bene, con serenità e senza rinunciare ai nostri valori.
Mi lascia po' perplessa l'idea di una facoltà per la vostra professione. Ho paura che ingessi i percorsi possibili, che chiuda tragitti e scambi, che invece sono fondamentali nella nostra epoca.
Spero che l'ambiente dove lavora migliori, se no ne cerchi uno più amico delle donne.
Le assicuro che ci sono.
Cordialmente

Da: Annalisa
A: Trombelli
Oggetto: R:
Gentile Professoressa,
È vero che le donne non scelgono mai e che molte volte si trovano a fare cose che magari non volevano fare.
Ma non è il mio caso, io avevo scelto, ma una serie di fatti tra cui un voto di laurea non particolarmente brillate - colpa mia, dato che non sono una gran studiosa - e problemi di carattere economico mi hanno impedito di approfondire gli studi in un campo che prevedeva almeno altri due anni senza stipendio, così ho ripiegato
su lavori saltuari (non esistevano ancora le società di lavoro interinale negli anni ‘90) che mi hanno obbligatoriamente portato alla mia attuale professione, dato che con una laurea in materie umanistiche e nessuna altra specializzazione o insegni o fai la segretaria/assistente.
Per quanto riguarda il rimetterci, mi creda ho già dato... Ho lottato, mi sono impegnata a studiare, pagandomi corsi e anche un master, ma la mia situazione lavorativa non è cambiata.
Ho provato a fare il salto di qualità, nel mio curriculum ci sono due esperienze come office manager, professione con maggiori respon-sabilità e indipendenza di una assistente, ma finite quelle, per ragioni che andrebbero approfondite, ma che sono troppo complicate da chiarire in questo contesto, non sono più riuscita a trovare niente di simile e di altrettanto stimolante e così eccomi qua a fare l'assistente.
Non sto dicendo che il mio lavoro non mi piace, anzi, fatto in un certo modo, con interlocutori di un certo tipo è un lavoro molto interessante, stimolante e anche di potere se vogliamo, in fondo una brava assi-stente sa e conosce, della società dove lavora quanto il capo o poco di meno.
Ultimamente però non mi sono capitate occasioni interessanti, così negli ultimi due anni ho lavorato e tuttora lavoro in una società in cui "l'amicizia per le donne", come dice Lei, è assolutamente inconcepibi-le!
Per quanto riguarda le Sue perplessità circa l'attivazione di un corso post-laurea per assistenti, ribadisco il concetto che la mobilità all'in-terno della mia professione non esiste o comunque è bassissima.
Le opportunità esistono principalmente nel marketing, nell'ambito degli acquisti e qualche volta nelle risorse umane, dove un’assistente può fare un minimo di carriera e diventare responsabile delle relazioni pubbliche o della comunicazione, responsabile degli acquisti o della formazione se è in gamba e sa farsi valere e specialmente se trova il capo giusto, ma un’assistente alla direzione amministrazione e finan-za, alla direzione commerciale, alla logistica cosa potrebbe diventare?
E meglio ancora una personal assistant di presidente o amministrato-re delegato cosa potrebbe andare a fare? Spesso è semplicemente un benefit da mostrare, da qui vengono i pool segretariali, più ne hai, più sei potente e meno qualificata e più “personale” diventa l’assistenza.
Quindi, prima di sognare di diventare qualcosa che al momento non è alla nostra portata, perché non cerchiamo di dare dei contenuti più validi alla nostra attuale professione? Magari in questo modo qualcu-na di noi sceglierebbe di fare l'assistente, gli stipendi sarebbero più interessanti e ci sarebbero meno disparità anche a livello contrattuale.
L'unica cosa che mi permetterei di suggerire è che in caso di attiva-zione di un corso post-laurea, le vostre consulenti siano le assistenti che lavorano sul campo e non persone che non hanno mai fatto questa attività.
Annalisa

A questo punto la comunicazione si è interrotta, probabilmente per noia o forse perché lei non sapeva più cosa obiettare o semplicemen-te non aveva più tempo da dedicarmi, mentre io di cose da aggiunge-re ne ho veramente tante e voglio condividerle tutte con voi.
Non volendo annoiarvi più del dovuto, tenterò di intrattenervi ironiz-zando e cercando di farvi sorridere, ma vi assicuro che tutto quello che leggerete, se avete ancora voglia di andare avanti, è assoluta-mente vero e fedelmente riportato per come è successo.

domenica 4 luglio 2010

Da: VITA DA SEGRETARIA

Ho deciso di raccontare le mie esperienze come assistente o per meglio dire da segretaria, dopo aver letto “Il Diavolo veste Prada” di Lauren Weisberger. Questo non solo nella speranza, vana probabilmente, di essere pubblicata e avere lo stesso favoloso successo, ma anche per oggettivare e poi, tramite un processo catartico, ridicolizzare tutta una serie di eventi che mi hanno fatto venire le più strane somatizzazioni come piangere come una fontana appena uscita dall’ufficio, tanto che mio marito impietosito passava a ritirarmi tipo pacco tutte le sere, oppure ingrassare come un pallone di setto/otto chili in sei mesi per il nervoso e lo stress accumulati, o perdere i capelli a mazzi e immaginarsi pelata come Yul Brinner a trentacinque anni e, ovviamente, senza lo stesso fascino, o infine scarnificarsi il pollicione fino a farlo sanguinare, pur di tenere la bocca chiusa.
I miei brevi ritratti, simili a fotografie di attimi, fanno riferimento alle epifanie di James Joyce, perché mi sono laureata facendo una tesi su un breve librettino di sue epifanie, pubblicato postumo, da cui il famoso autore, peraltro un impenitente ubriacone, ha poi sviluppato tutti i suoi grandi romanzi.
Magari andasse così bene anche a me, alcool a parte, ma tanto sono astemia!
Ricordare, adesso, e metterlo nero su bianco in corti aneddoti mi fa sorridere, ma nello stesso tempo mi si stringe ancora il cuore, perché, mentre li vivevo, effettivamente, non erano così divertenti.
La professione di assistente di direzione o segretaria o come la si voglia chiamare, è un tipo di lavoro che è al giorno d’oggi in Italia, molto sottostimato e svalutato, per il fatto che la segretaria viene ancora considerata semplicemente l’impiegata donna – assolutamente e solamente donna – che risponde al telefono, fa le fotocopie e porta il caffè al capo.
In verità c’è molto di più dietro questa figura professionale, che solo un paio di capi, che ho molto stimato e ancora rimpiango, sono stati capaci di apprezzare e utilizzare appieno.
È quindici anni che faccio questo lavoro e ho cambiato diverse società sempre alla ricerca del capo perfetto. Non l’ho ancora trovato, credo perché, sono troppo esigente e mi aspetto di essere rispettata e anche ascoltata qualche volta (ma pensa, ho anche la pretesa di essere considerata dotata di una qualche primitiva forma di intelligenza) e non trattata come una schiava o uno straccio solo perché sono donna.
La grande differenza che corre tra la protagonista del libro “Il Diavolo veste Prada” e la maggior parte delle assistenti italiane è che la grande bastarda, Miranda, tratta allo stesso modo uomini e donne, per lei sono tutti ugualmente stupidi, inefficienti e da mettere sotto i suoi dodici centimetri di tacco delle sue Jimmy Choo. Nel mondo del lavoro italiano questo tipo di trattamento è riservato principalmente alle subordinate di sesso femminile e viene “somministrato” senza particolari distinzioni sia da capi maschi che femmine.
Sì, mi dispiace ammetterlo, ma le più grosse puttane siamo noi, quando raggiungiamo un posto di potere. Invece di diventare facilitatrici per altre donne ed evitare loro le umiliazioni patite da noi, durante il nostro faticoso percorso per raggiungere la cima (di cosa poi? non so se ne valga veramente la pena, ma forse io non dovrei parlare perché non ho raggiunto un bel niente!), aumentiamo il carico di stress umiliando, maltrattando e anche insultando le nostre collaboratrici, spinte da una gelosia visceralmente femminile che ci acceca e ci fa diventare dei mostri.
A volte lo facciamo anche con i nostri collaboratori maschi, ma non ci dà la stessa soddisfazione.
È come se volessimo veder patire da altre le stesse sofferenze patite da noi, perché troviamo ingiusto che a soffrire siamo state solo noi.
È per questo motivo che pochissime di noi raggiungono la mitica cima della piramide: noi non facciamo team con le colleghe, siamo capaci di allearci e favorire colleghi maschi, ma piuttosto morte, che vedere un’altra raggiungere il top, magari al nostro posto, senza peraltro mai domandarci per quale motivo un’altra arrivi più in alto di noi, ma solo insinuando posizioni a 90 gradi o peggio a carponi!
A questo proposito ho un primo aneddoto, documentato, su come noi donne siamo veramente brave a parlare, ma quando poi si tratta di mettere in opera la teoria, anche quelle di noi che sono maggiormente qualificate, non sono in grado di affrontare lo scontro in campo aperto per rendere, effettivamente paritaria la nostra situazione nel mondo del lavoro e non solo.
Powerful beyond measure: our deepest fear is not that we are inadequate. Our deepest fear is that we are powerful beyond measure. It is our light not our dark-ness that most frightens us. We ask ourselves: Who am I to be brilliant, gorgeous, talented and fabulous? Actually who are you not to be? Your playing small doesn't serve the world.
There is nothing enlightened about shrinking so that other people won't feel insecure around you. We are all meant to shine.

MARIANNE WILLIAMSON, A RETURN TO LOVE

C'e qualche speranza?

Circa tre anni fa ho letto un libro, intitolato "Vita da segretaria".

Sono brevi racconti, spaccato della vita negli uffici di molte societa' di Milano, dal punto di vista di una segretaria che ha l'ambizione di essere considerata una professionista e non una parte dell'arredamento dell'ufficio.

Mi ha dato l'idea di voler quella di dare una scossa al mondo del lavoro italiano, estremamente maschilista e che tende a schiacciare l'eccellenza femminile perche' ne e' terrorizzato.

Il libro ha avuto un grandissimo successo fra tutte le donne che lo hanno letto, anche alcuni uomini illuminati, ma, essendo stato pubblicato a spese dell'autrice e senza supporto di nessuna casa editrice, ha avuto una diffusione limitata.

Tramite questo blog, ho intenzione di far conoscere, alle persone che lo seguiranno, alcuni racconti, pubblicandone uno ogni tanto e commentandolo in funzione di quanto succede nel mondo del lavoro in Italia e specialmente alle donne.

E' cambiato qualcosa?

Giudicherete voi!

sabato 3 luglio 2010

Benvenute a tutte le donne!

Benvenute a tutte le donne che hanno voglia di capire che il Medioevo e la caccia alle streghe non e' ancora finita.

I vostri contributi sono graditi, raccontatemi le vostre esperienze in un mondo dominato da una cultura maschilista e retrograda.