giovedì 4 novembre 2010

CAFFÈ E SUCCO D’ARANCIA

Da: Vita da Segretaria

Quando ho terminato l’università avevo tanti bei sogni e poi per varie ragioni tra cui la più rilevante era come arrivare alla fine del mese e pagare le bollette, mi sono trovata a fare la segretaria.
A quanto pare questa professione sembra essere l’unico sbocco per chi fa studi umanistici e non vuole insegnare.
Non che non mi piaccia il mio lavoro, anzi, quando hai un capo intelligente, è un gran bel lavoro con molte soddisfazioni e a volte un buon stipendio.
Il nocciolo della questione è proprio il capo… «Annalisa», rimbomba nella cornetta, come al solito AA (sarà un caso che i suoi genitori lo hanno chiamato Adolfo? erano dei nazistoni e intravedevano un futuro da dittatore per il figlio?), «mi porterebbe un caffè?... per favore?».
E notare che il per favore viene dopo una pausa, come se facesse una fatica titanica a sputare fuori queste due paroline.
«Certo dottor Amabile», rispondo, e via a fare uno dei 10/20 caffè che mi tocca fare ogni giorno.
Li ho contati e ho fatto una media, che ovviamente raggiunge picchi da bar del centro, quando ci sono le riunioni; non ho invece fatto i conti dei costi, perché tanto non pago io, ma deve essere un delirio.
Lui non lo vuole nel bicchierino di carta, mi ha mandato a comprare le tazzine di ceramica e i bicchieri di cristallo da Missaglia, e meno male che ho trovato l’outlet!!!, Perché «lo standing della nostra società è questo, capisce Annalisa?» e via soldi, tanto non sono suoi, e poi, visto che mi sono rifiutata di lavare i bicchieri e le tazze, ha magnanimamente acconsentito a comprare una minilavastoviglie, ma il forno a microonde per le impiegate ovviamente no, non è fine, così a noi tocca andare a mangiare fuori e spendere 15 euro al giorno.
Tornando a noi, il caffè è pronto e la tentazione molto forte: ci sputo o non ci sputo?
È un dilemma che mi affligge da quando lavoro qui, sarei propensa, ogni volta, a farlo.
Probabilmente avrei esaurito tutta la saliva, inoltre l’educazione di mamma mi trattiene sempre: la sento sussurrare, sii superiore… ma superiore a chi, a cosa, a un romanaccio cafone che biascica il sigaro, si taglia le unghie in ufficio e si fa pure la barba con il rasoio elettrico???
OK, anche per questa volta vince la mamma, ma prima o poi… argh!
È già ora di pranzo, ma forse ce la faccio a scappare prima che gli venga fame, ma dove è Raffaella? no, porcaputtana suona il telefono e vedo che è lui, mi tocca rispondere perché sono sola in ufficio e «non si deve mai lasciare la segreteria di direzione scoperta, lo capisce vero, Annalisa?».
Mi sento condizionata come il cane di Pavlov, ormai rispondo solo agli stimoli sensoriali, il drin, drin del telefono e ai condizionamenti mentali, “…lo capisce vero, Annalisa?” è un ritornello che mi rimbalza tra le pareti del cervello come una pallina impazzita del flipper.
«Dica dottor Amabile», rispondo con la mia migliore voce da 144 erotico, «mi faccia portare un panino al prosciutto cotto, senza salse e minchiate varie e un succo d’arancia…» (pausa) «per favore», ordina perentorio, e meno male che sotto l’ufficio c’è un bar.

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